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Denti – Recensione

“Denti” racconta, tra scene splatter e facili risate, di come il problema fisico di una ragazzina ultrareligiosa e moralista si trasformi in un’arma letale contro gli uomini

(Teeth) Regia: Mitchell Lichtenstein – Cast: Jess Weixler, John Hensley, Hale Appleman – Genere: Horror, colore, 88 minuti – Produzione: USA, 2007 – Distribuzione: Mediafilm – Data di uscita: 22 agosto 2008.

dentiQuello che più lascia perplessi di un’operazione come “Denti” non è il film in sé, uno strano ibrido tra il dramma adolescenziale, lo splatter gore e la commedia demenziale stile Parrelly brothers, quanto la dichiarazione d’intento dell’esordiente, ma attempato regista, Mitchell Lichtenstein secondo il quale nel mondo della cinematografia odierno, prevalentemente maschile e maschilista, era finalmente arrivato il momento di affrontare un argomento scottante e da sempre tabù in molte culture: il mito della vagina dentata (sic).

Dawn (Jess Weixler, Special Jury Prize allo scorso Sundance festival) è una liceale leader di un gruppo studentesco ultracristiano che promuove la castità prematrimoniale come valore assoluto. In realtà questo suo fervente rifiuto del sesso, più che da reali convinzioni religiose, è dato da un tremendo difetto fisico, di cui è inconsciamente consapevole, generato dalle radiazioni di una vicina centrale nucleare. La sua vagina nasconde all’interno una acuminata dentatura pronta a serrarsi inesorabilmente su qualsiasi cosa abbia la sfortuna di avventurarsi in essa.

Ne aveva già fatto le spese l’odioso fratellastro Brad (John Hensley) che quasi ci aveva rimesso un dito durante un tentativo di violenza prepuberale, ma il vero risveglio della terrificante tagliola di Dawn si compie quando il finto timido Tobey (Hale Appleman) compagno di “fede” prova a violare la sua purezza durante una gita lacustre: taglio netto, sbocco di sangue (di effettacci il film certo non latita) e il pene del malcapitato diventa cibo per i pesci.

Da qui in avanti, Dawn passerà progressivamente da uno stato di profonda frustrazione e senso di colpa ad una consapevolezza del proprio potere, finendo col punire, novella eroina femminista, tutti gli uomini che in maniera troppo aggressiva hanno la sventura di avventurarsi nella sua intimità.

Come accennato il registro della pellicola cambia in maniera molto disinvolta passando da una prima parte di critica al fanatismo moralista-religioso, tipico di una certa provincia americana, alle scene horror in cui la faccia angelica di Dawn assume un’espressione invasata e vendicativa a metà tra la Sissy Spacek di “Carrie” e l’Uma Thurman di “Kill Bill”. Ma sono i momenti demenzialmente ilari a farla da padrone, soprattutto nel finale: si ricordano il pasto a base di membro maschile, con tanto di sputo di glande piercingato, che il rottweiler di Brad si concede sotto gli occhi del suo padrone evirato, e il “non ti preoccupare, non mordo mica!” pronunciato dal ginecologo sbruffone, a cui una disperata Dawn si era rivolta, pochi secondi prima di perdere le falangi della mano destra durante un pap-test.

Rimane il dubbio di fondo su quale audience Lichtenstein punti a raggiungere, visto che l’abbondanza di nudi integrali maschili e femminili, già causa di un Rated R in patria, è destinata anche da noi a lasciare fuori dalle sale il pubblico teenager che potrebbe invece fare di questa pellicola un vero e proprio cult movie.

Vassili Casula

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