Eco Del Cinema

Woody – Recensione

Un’esplorazione nuova e sorprendente di Allen personaggio e persona

(Woody Allen: A Documentary) Regia: Robert B. Weide – Cast: Woody Allen, Letty Aronson, Penelope Cruz, Josh Brolin, Dick Cavett, Marshall Brickman, Joan Cusack, Larry David – Genere: Documentario, colore, 113 minuti – Produzione: USA, 2012 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 21 settembre 2012.

woodyDella natura mortale umana, Allen ha spiegato più volte di aver preso coscienza una notte da piccolo e di aver cercato, a partire da quel momento, “soluzioni pratiche al problema”. È proprio così che i suoi film sono diventati il terreno su cui interrogarsi e un modo di trovare, con sempre rinnovata freschezza e vivacità, un senso alle lotte della vita.

Il rischio paventato dall’esistenzialista Cioran, di vedere una biografia, come quella dedicata da Robert B. Weide a Woody Allen, atta solo a persuaderci meglio dell’inutilità di qualsiasi impresa, di qualunque destino, dinanzi alla prospettiva di una fine certa, viene perciò scongiurato in questo caso dall’opera dello stesso protagonista.

A cimentarsi nel tentativo di riassumere il percorso che trasforma Allan Stewart Konigsberg in Woody Allen, può dunque dedicarsi senza rischi un Weide, che dal tesoro di Allen pesca fantasticherie come un mago dal cilindro.

Sebbene umanità e professionalità del più cinico e irriverente cittadino di New York fossero già stati perfettamente indagati dalla penna solerte di Eric Lax, che dopo anni di duro lavoro al fianco del regista ci permettiamo di definire il suo biografo ufficiale, l’opera di Weide si offre comunque preziosa grazie al contributo visivo della machina da presa.

Se da una parte la pellicola non promette niente di nuovo a chi della storia di Allen fosse già a conoscenza, dall’altra davvero sorprendente è il recupero delle riprese dei numeri di stand up, che gli varranno l’ingaggio per scrivere la sceneggiatura e interpretare un ruolo nel suo primo film. E non solo. Vediamo in una fotografia d’epoca il Midwood, oggi trasformato in una clinica, dove il piccolo Allen coltivava la propria passione per il cinema, andando ad assistere tutti i giorni a una proiezione; le immagini d’epoca della generazione dei Beat, della pillola e di Kennedy ci aiutano a capire come fosse possibile che un ragazzino, che al ritorno da scuola scriveva battute per i giornali, giungesse a ventiquattro anni a percepire uno stipendio ottanta volte superiore a quello iniziale; infine, si sente la voce, quella vera non nascosta dal noioso doppiaggio, di Allen che delle donne della sua vita parla come l’avessero arricchita ognuna in maniera diversa e del suo lavoro come del semplice fare la cosa amata, mai senza la fortuna per compagna.

La descrizione degli aspetti inediti e dei retroscena è poi affidata alle interviste ad attori quali Banderas, Diane Keaton, Scarlett Johansson, Mira Sorvino, Sean Penn, alla sorella Letty Aronson, sua socia nelle produzioni e agli storici collaboratori: Gordon Willis, Marshall Brickam e Doug McGrath.

Un’occasione dunque di grande interesse quella offerta da Weide, di ridere alle battute più esilaranti, di ricordare le scene e i dialoghi più brillanti, senza dover necessariamente aspettare che il protagonista, per cui alla fine della proiezione ci si rende conto di provare una grande dose di affetto oltre che di stima, debba morire per essere celebrato. A tal proposito ci permettiamo di aggiungere: sebbene un docu-film su un regista, sia certamente di per sé un’operazione celebrativa, chi capirà davvero lo spirito di “Woody” e del suo protagonista, sarà colui che dalla visione trarrà ispirazione non per diventare qualcuno, come esemplarmente accaduto ad Allen e ossessione del nostro tempo, ma per occuparsi di ciò che gli piace e lo diverte. Poiché questo è quanto documentato da Weide: la storia di chi ha trattato tanto il successo quanto il fallimento come due impostori, raggiungendo lidi cui unicamente il divertimento, la fortuna e l’intelligente operosità possono condurre.

Cecilia Sabelli

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