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Whiplash – Recensione

La passione spinta al collasso e sollevata in trionfo, in un sincero atto d’amore per la musica jazz

Regia: Damien Chazelle – Cast: Miles Teller, Melissa Benoist, J. K. Simmons, Austin Stowell, Kavita Patil – Genere: Drammatico, colore, 105 minuti – Produzione: USA, 2014 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 12 febbraio 2015.

WhiplashUna passione ossessiva è il centro propulsivo di “Whiplash”: la passione di Andrew Neiman, diciannovenne che profonde ogni sforzo al fine di diventare un grande batterista.

Sull’altare del ritmo musicale tutto può essere sacrificato: le relazioni con i colleghi, la ragazza con cui uscire, il padre amoroso, financo la cura per sé stessi; la vita è la batteria, nient’altro ha importanza. In questa sua ostinata ricerca della perfezione il giovane Neiman trova il partner forse ideale, dalla competenza enorme e i modi rudi: Terence Fletcher è un pianista jazz, un compositore di rilievo, un grande scopritore di talenti, ma prima di tutto un insegnante con il pugno d’acciaio, temuto e agognato da tutti gli studenti. La svolta avviene quando Fletcher nota il giovane Neiman che si esercita in una stanza del conservatorio musicale; lo chiama a sé, e la scintilla accesa è destinata da subito a divampare in un incendio, con il rapporto che rapidamente si evolve in un’altalena mai quieta di insulti e gratificazioni, in una tensione contraddittoria mai placata.

Proprio la tensione è l’elemento trascinante nel film: tensione tra allievo e insegnante, entrambi mai soddisfatti, con il secondo che spinge aggressivamente il giovane all’estremo invalicabile delle proprie possibilità fisiche e psichiche; tensione interna al personaggio di Neiman, che decide di rinunciare a sé stesso per dare il proprio corpo in pasto alla dea. L’atmosfera pesante che si respira nelle prove e nei momenti di solitudine fa da contesto all’esplosione delle ondate jazz, che salgono di intensità fino alla deflagrante apoteosi finale.

La prospettiva registica si concentra molto sulla chiusura degli spazi, sui primi piani, sui dettagli: la mano che sanguina per lo sforzo eccessivo, il sudore che imperla la fronte, le bacchette che si muovono frenetiche. La fisicità di ogni singola scena restituisce nitidamente il contrasto tra la fatica del corpo e l’eterea armonia del prodotto di questa fatica, la musica. I volti sono ingigantiti, scavati, fotografati ad alta definizione in ogni loro minima distorsione: sotto questo aspetto i due attori protagonisti, Miles Teller e il formidabile J.K. Simmons, reggono la durissima prova e vanno oltre, imponendosi nelle interpretazioni con una dose traboccante di carisma.

Sia Neiman che Fletcher sono in possesso di caratteri estremi, morbosi nella loro totale dedizione al percorso di vita intrapreso: a fare da collante nel loro rapporto si presta il feticcio di Charlie Parker, emblema di un talento prodigioso che necessita di una scossa per essere lanciato; ciò che i due si propongono di fare, ognuno però a modo suo, con il rischio sempre elevato – e alcune volte concretizzato – della rottura violenta.

L’accompagnamento jazz permea il film, lo veste, lo nutre; e non potrebbe essere altrimenti, nella misura in cui il ritmo delle bacchette sulla batteria confluisce nel ritmo dell’esistenza, e la musica è imprescindibile linfa vitale.

Marco Donati

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