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Wall Street – Il denaro non dorme mai – Recensione

Dopo il “Wall Street” degli anni ’80, “Wall Street – Il denaro non dorme mai” riporta sullo schermo il famoso Gordon Gekko, anche se in versione molto più dimessa

(Wall Street: Money Never Sleeps) Regia: Oliver Stone – Cast: Michael Douglas, Shia LaBeouf, Carey Mulligan, Charlie Sheen, Josh Brolin, Susan Sarandon, Frank Langella, Vanessa Ferlito – Genere: Drammatico, colore, 133 minuti – Produzione: USA, 2010 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 22 ottobre 2010.

wallstreetildenaronondormemaiSaranno gli otto anni di galera scontati per insider trading, sarà la morte del figlio per overdose e l’ostilità della figlia per la sua condotta morale, saranno le rughe che l’età che gli ha regalato in abbondanza e sarà pure perché, in confronto alle sue speculazioni finanziarie degli anni ‘80, le truffe globali e le centinaia di milioni di dollari guadagnate alle spalle di piccoli azionisti e risparmiatori dagli squali di Wall Street negli anni duemila, lo fanno sembrare quasi un esempio di finanziere virtuoso, ma, premettiamolo dubito, il Gordon Gekko riesumato da Oliver Stone ad oltre vent’anni dal primo capitolo è decisamente più umano, meno fascinoso e anche un po’ scontato.

Scrive libri, tiene lezioni di filosofia finanziaria all’università, continua ad elogiare l’avidità, ma è senza soldi e viene snobbato dagli allievi di un tempo nel frattempo diventati più ricchi e più disonesti di com’era lui. Insomma, siamo ad un passo dal pensionamento. Sarà Jake Moore (Shia Labeouf) rampante broker nonché futuro genero a dargli voglia e possibilità di rientrare in gioco e di vendicarsi di quel Bretton James (Josh Brolin) principale causa della sua caduta professionale.

Se il primo “Wall Street” è considerato, a ragione, una delle pellicole più emblematiche degli anni ‘80, nel suo descrivere l’America aggressiva ed edonistica di Reagan attraverso gli yuppies newyorkesi, categoria sociale e professionale iperattiva, work e fashion addicted, ipnotizzata dalla prospettiva di guadagnare molto e velocemente attraverso la Borsa, questo sequel ha l’ambizione di rappresentare l’America del 2000, quella post 11 settembre ma anche post scandali finanziari e crolli economici, dove le Banche agiscono da soggetti deregolati e quindi in grado di condizionare in forma più o meno lecita tutto il sistema economico. Dove da un giorno all’altro si guadagnano fortune oppure si perde lavoro e dignità, dove si affacciano prepotenti i grandi capitali finanziari asiatici. Dove però allo stesso tempo si lavora per trovare alternative sostenibili al sistema energetico e dove esistono coraggiose e ben ramificate realtà giornalistiche d’inchiesta in grado di scoperchiare scandali e far conoscere allo sterminato pubblico del web la realtà delle cose.

Tutta carne che Stone getta, come nel suo stile, senza tanti preamboli sulla griglia, magari cuocendola poco e in maniera superficiale, ma che lo spettatore mastica comunque volentieri mandando giù il tutto senza appesantirsi troppo. Il tutto ingolosito dalle spezie dello chef nella forma di piano sequenze, split screen, inserti simbolici, montaggio a volte furioso ma mai disordinato. Per un’operazione del genere non potevano ovviamente mancare battute memorabili, autocitazioni e richiami al primo WS (una su tutte la comparsata di Charlie Sheen, trasformato in un imbolsito ex uomo d’affari).

Marchio di fabbrica anche il finale moralista, qui ancora più accentuato del solito, anche se così affettuosamente anni ‘80 con il pop dei Talking Heads, che ce lo facciamo piacere. Siamo ancora lontani assai dai picchi del suo cinema d’assalto ma rispetto alle ultime sbiadite prove “Wall Street: il denaro non dorme mai” ci ridà qualche speranza sul non inarrestabile declino di uno dei migliori registi degli anni ’90.

Vassili Casula

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