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Voce del verbo amore – Recensione

Seconda esperienza di regia per Andrea Manni che si cimenta in una commedia sentimentale

Regia: Andrea Manni – Cast: Stefania Rocca, Giorgio Pasotti, Cecilia Dazzi, Simona Marchini, Tony Kendall, Magdalena Grochowska, Niccolò Perito, Aurora Manni – Genere: Commedia, colore, 92 minuti – Produzione: Italia, 2007 – Distribuzione: Medusa – Data di uscita: 27 aprile 2007.

voce-del-verbo-amoreSperiamo non siano state poi così tante le coppie che, assistendo al film  “Voce del verbo amore”, si sono immedesimate nei due personaggi principali interpretati da Giorgio Pasotti e Stefania Rocca, alle prese con la fine del proprio matrimonio. Titolo curioso, deciso in collaborazione con l’amico Maurizio Costanzo (peraltro uno degli sceneggiatori della pellicola), “Voce del verbo amore” è la seconda opera firmata dal regista Andrea Manni, che già nel 2003 si era fatto notare nel panorama della cinematografia italiana con un film storico sul caso Carlotto: ”Il fuggiasco”.

Manni decide questa volta di cambiare genere e di indagare le evoluzioni di una storia d’amore come tante, con risultati che la critica non sembra aver in effetti apprezzato. Sposati da dieci anni, Ugo e Francesca, lui architetto lei vivaista, estenuati dai continui litigi sulla gestione dei figli, della casa e della vita di coppia, decidono di comune accordo per la separazione, che ovviamente coinvolge anche i piccoli Matilde e Pietro. Dopo aver diviso la propria strada da quella dello storico compagno, Francesca si ritrova nel girone dei single di una certa età, quelli che se a trentacinque anni non sei ancora sposato allora è perché sei omosessuale oppure psichicamente disturbato, dove a farle da Virgilio è l’amica Gioia, interpretata con dolcezza da Cecilia Dazzi, secondo cui “maschio, etero e di bell’aspetto è ormai roba da WWF”.

Il personaggio di Pasotti, invece, una volta libero, non si capisce per quale motivo, diventa l’oggetto dei desideri di tutte le sexy ragazze del supermercato dove va a fare la spesa e non solo riceve la promozione lavorativa tanto sperata, ma trova subito conforto tra le braccia della bella mediatrice culturale danese (Magdalena Grochowska), che il figlio piccolo, in una delle scene più esilaranti del film, alla domanda della mamma sull’aspetto della donna, definisce “biondissima!”.

Se all’inizio la separazione sembra malinconica ma pacifica, durante tutto il resto del film, i due non smettono un attimo di farsi la guerra o per gelosia o per dispetto, arrivando perfino al ceffone o alla menzogna. Rari dunque i momenti di incontro, rappresentati unicamente dalle tragedie familiari quali la malattia del padre di lui, interpretato da Toni Kendall, simpaticamente dipinto come un sessuomane incallito e la scomparsa di uno dei bambini, che costituiscono peraltro il riavvicinamento della coppia, che proprio sul finale, complice una macchia sul soffitto, finalmente si ritrova più unita e matura di prima. La trama è un po’ quella consueta del si amano, si lasciano e si riprendono, un finale dunque rassicurante, ma il film riesce ad intrattenere lo spettatore grazie alle performance di Stefania Rocca e Giorgio Pasotti.

Lei è perfetta nel ruolo della ex-moglie gelosa che non si perde d’animo nemmeno con la perfida tata ucraina e lui, sebbene fatichi nell’aspetto ad assomigliare ad un marito-padre, è in effetti, “un bravo giovane attore che controlla con stile una nevrotica personalità nascosta”, come lo ha azzeccatamene descritto il critico Maurizio Porro. E come non sorridere della fine che spetta alla bella danese che a forza di prendere in giro la possessività e le scenate tipiche delle donne del Bel Paese, si rivela la più italiana di tutte e ci fa divertire nella scena girata sotto la pioggia, in cui cerca disperatamente di baciare Ugo.

Gli amanti dei mirabili paesaggi della città eterna, infine, ringraziano sentitamente il regista per le numerosissime inquadrature da cartolina romana del Pincio, del Colosseo,del Gianicolo e dei Fori.

Cecilia Sabelli

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