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Vento di primavera – Recensione

Esce nelle sale il nuovo film di Rosa Bosch che racconta la retata avvenuta a Vichy la notte del 16 luglio del 1942 e il calvario che le famiglie ebraiche e coloro che provarono ad aiutarle dovettero affrontare sotto il giogo fatale della coppia Hitler- Pètain

(La Rafle) Regia: Rose Bosch – Cast: Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agogué, Hugo Leverdez – Genere: Drammatico, colore, 115 minuti – Produzione: Francia, Germania, Ungheria, 2010 – Distribuzione: Videa – CDE – Data di uscita: 27 gennaio 2011.

vento-di-primaveraCon “Vento di primavera”, la regista francese Rosa Bosch ci offre una sceneggiatura drammatica di grande interesse, in cui si intrecciano impegno, sensibilità e riflessione. Seguire il film sulla ‘retata del Vélodromo d’Hiver”, così chiamata perché fu proprio in quella struttura che 14.000 degli ebrei morti nell’Olocausto vennero radunati prima della deportazione, delizia i sensi grazie ad una musica e una fotografia notevoli, ma punge come filo spinato la coscienza, al punto da stentare a credere che a volte la vita possa essere stata considerata di così poco valore.

Generato da una volontà dell’autrice di raccontare, prima della scomparsa di uno dei testimoni, la realtà del collaborazionismo francese e di un episodio inspiegabilmente taciuto da libri e giornali, il film soddisfa in effetti anche una finalità referenziale che altri film appartenenti allo stesso filone non perseguono. È così che scopriamo che a gestire campi di concentramento (ben duecento, dislocati in tutta la Francia) e a deportare gli ebrei insieme alle divise tedesche, fu anche la polizia di una delle potenze europee considerate ‘vincitrici’.

Tale scoperta viene condivisa dallo spettatore con i due personaggi principali, l’infermiera Annette Monod e il dottore ebreo David Sheinbaum, entrambi realmente esistiti e interpretati sul grande schermo da una intensa Mèlanie Laurent e un inedito Jean Reno, le cui presenze fanno benedire l’operato della Bosch. Certo il film, che deve competere con classici come quello di “Schlindler’s List” o di “Moloch”, non brilla per originalità e si fa in più punti lacrimevole, ma tali debolezze non impediscono a chi vi assiste di seguire con grande emozione lo svolgersi degli eventi. Spezzano infatti letteralmente il fiato sia la sequenza in cui uno dei bimbi termina la sua corsa di libertà davanti alle due enormi camionette che lo porteranno a morire, sia quella in cui un altro disperde una manciata di biglie dalla cima di una scala facendo scivolare i suoi aguzzini come in un film comico.

Ci si alza dalla poltrona con un inevitabile dubbio sul perché, il giorno dell’assalto antisemita, non una manciata, ma una enorme pioggia di quelle biglie non abbia fermato quell’inquietante avanzata e non ci abbia liberati di uno dei capitoli più bui della nostra storia.

Cecilia Sabelli

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