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Unknown – Senza Identità – Recensione

Liam Neeson action hero nella vecchia Europa, tra complotti, inseguimenti, attentati e false piste in un thriller che cita Polanski, ma dimentica cosa sia la verosimiglianza

  • Titolo originale: Unknown White Male
  • Regia: Jaume Collet-Serra
  • Cast: Liam Neeson, January Jones, Diane Kruger, Frank Langella, Aidan Quinn
  • Genere: Drammatico, colore, 115 minuti
  • Produzione: USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, 2011
  • Distribuzione: Warner Bross Italia
  • Data di uscita: 25 febbraio 2011

UnknownSenzaidentitàA differenza di gran parte degli americani che giungono in Europa alla ricerca di relax, storia e cultura, per il Liam Neeson attore, il vecchio continente, ultimamente, vuol dire inseguimenti, fughe, botte da orbi e rogne, molte rogne. L’avevamo visto un paio di anni fa fiondarsi dagli States a Parigi, alla ricerca della figlia studentessa in trasferta, scomparsa in un’improbabile tratta delle bianche, nel tamarrissimo “Io vi troverò” di Pierre Morel, dove da solo sterminava un esercito di trafficanti albanesi facendo sembrare le imprese di un qualsiasi Chuck Norris nel Sud est asiatico un rigoroso documentario di History Channel.

In questo nuovo “Unknown – Senza Identità”, Neeson è un biologo ricercatore che insieme alla moglie si reca a Berlino per un importante congresso internazionale. In seguito ad un incidente stradale a bordo di un taxi preso per recuperare la valigia dimenticata all’aeroporto, perde parte della sua memoria ma soprattutto si ritrova senza identità, senza moglie e nel mezzo di una complessa trama internazionale per impossessarsi di un prezioso brevetto.

Anche stavolta, da uomo di mezz’età apparentemente mite ed anonimo si trasforma in implacabile action hero capace di essere al contempo un infallibile cecchino, uno spericolato pilota, un feroce lottatore ed un arguto risolutore di enigmi matematico-linguistici.

Con alle spalle la produzione di una vecchia volpe del cinema d’azione blockbuster come Joel Silver, Jaume Collet-Serra parte dallo stravisto spunto della perdita della memoria e del conseguente percorso mentale a ritroso per recuperarne via via dei frammenti, per costruire un thriller complottista dall’evidente impronta polanskiana (anche se il regista arriva a evocare nientemeno che il vecchio Alfred, beata la modestia) che mischia con invidiabile nonchalance echi di guerra fredda, spionaggio, biotecnologie, immigrazione clandestina e una immancabile love story. Nonostante la barcollante tenuta di tutto questo pastone, ci rimane comunque difficile non invidiare, da italiani, la scelta di una major come la Dark Castle di un regista e di conseguenza di una realtà cinematografica, quella iberica, ormai a distanze siderali dalla nostra per varietà e quantità di proposte.

Vassili Casula

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