Eco Del Cinema

Una cella in due – Recensione

Commedia italica, senza infamia e senza onore, dove fanno da contorno a Salvi e al bravo Battista attori non proprio talentuosi e un Ceccherini che ripete se stesso, come un disco rotto, non più capace di stupire il pubblico

Regia: Nicola Barnaba – Cast: Enzo Salvi, Maurizio Battista, Serena Bonanno, Jane Alexander, Massimo Ceccherini, Simona Borioni, Melita Toniolo – Genere: Commedia, colore, 90 minuti – Produzione: Italia, 2011 – Distribuzione: Iris Film Distribution – Data di uscita: 4 marzo 2011.

“Una cella in duuna-cella-per-duee” segna l’esordio alla regia di Nicola Barnaba con una commedia che ha come protagonisti Angelo-Maurizio Battista e Romolo-Enzo Salvi, il primo disoccupato, il secondo avvocato affermato, che, per circostanze che definiamo sfortunate, si trovano a condividere la stessa cella a Regina Coeli, dove nasce la loro amicizia e da cui pian piano si evolvono le loro vicende.

L’intento del regista (non proprio un giovanotto, con alle spalle tanto cinema e televisione, nonostante qui alla prima prova in completa autonomia) e degli sceneggiatori, lo stesso Salvi e Luca Biglione, è quello di miscelare la comicità da ‘cinepanettone’ con la più classica commedia all’italiana. Il risultato è un ibrido, dove le battute non sono proprio monacali, ma neppure pecorecce alla De Laurentis, e il lato, diciamo drammaturgico, più che il canovaccio narrativo sembra una pausa dalla risata. Peccato, perché i momenti privi di gag sono ben riusciti.

Rimane lodevole il tentativo di far ridere allontanandosi dalla più becera comicità natalizia, che la fa da padrona al box office oramai da decenni. È anche perdonabile che a un regista al suo esordio cinematografico, con poca esperienza in campo di commedie, non sia riuscito perfettamente il connubio tra gag pura e racconto. È un po’ come quello che ha voluto fare Tinto Brass seppur in un campo ben diverso della cinematografia, coniugando il porno col racconto sentimentale, ottenendo un genere erotico tutto nostrano. La paura è che come dei film di Brass si ricordano solo tette e chiappe, qui si ricordino solo le battute.

Il cast poi non è proprio strepitoso, almeno su quello non dovevano sperimentare. Emerge su tutto la notevole capacità recitativa del Battista, noto al pubblico televisivo e a quello teatrale, qui alla seconda prova cinematografica, dopo l’esordio con Pupi Avati ne “Il figlio più piccolo”. Si muove nella pellicola con molta disinvoltura, e grande simpatia, il suo Angelo è uno che dalla vita ha collezionato solo batoste, ma non ha perso lo spirito.

Il film è rivolto alle famiglie, che possono andare al cinema in tutta serenità, senza nulla a pretendere, è leggerissimo, strappa la risata, parlando d’amicizia e del non arrendersi al destino gramo.

Massimo Racca

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