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Un’estate in Provenza

Trama

  • Titolo Originale: Avis de Mistral
  • Regia: Rose Bosch
  • Cast: Jean Reno, Anna Galiena, Chloé Jouannet, Hugo Dessioux, Aure Atika, Lukas Pelissier
  • Genere: Commedia, colore
  • Durata: 105 minuti
  • Produzione: Francia, 2014
  • Distribuzione: Nomad Film
  • Data di uscita: 13 Aprile 2016

Un'estate in provenzaDopo il dramma storico “Vento di primavera” la regista Rose Bosch torna a firmare un’altra grande pellicola a tinte – se pur lievemente – drammatiche; questa volta si tratta di “Un’estate in Provenza”, che schiera nel cast grandi nomi come quelli del bravissimo Jean Reno, e quelli – tra gli altri – di Anna Galiena e Chloé Jouannet.

Protagonisti di “Un’estate in Provenza” sono Adrian, Lia e Theo – sordomuto dalla nascita – tre giovani ragazzi che, a causa di dinamiche familiari, non hanno mai instaurato un legame con il proprio nonno, che non hanno mai conosciuto. Ma le cose sono destinate a cambiare e, in un repentino passaggio tra la vita di città e quella di campagna, i tre fratelli troveranno il modo di conoscere il progenitore.

In un primo momento, a causa delle diverse concezioni della vita, lo scontro tra i giovani e l’anziano uomo di campagna sembra essere inevitabile; e difatti i primi giorni spesi nell’ambiente incontaminato trascorreranno tra litigi e rancori. Solamente in seconda istanza, dopo aver conosciuto quell’uomo che considerano fuori di testa e avergli dato una possibilità, i tre ragazzi realizzeranno che non tutti sono fatti allo stesso modo e che, forse, per qualcuno, c’è bisogno di più tempo per abituarsi ai cambiamenti. Un nuovo affetto e un’estate assolutamente indimenticabile si staglieranno in primo piano da questo momento in poi, trasformando lo scontro generazionale inizialmente protagonista in “Un’estate in Provenza” in un momento di comprensione reciproca.

Recensione

Un’estate in Provenza: una commedia sui rapporti familiari complicati e sui sentimenti forti

un'estate in provenza foto

Il titolo potrebbe far pensare ad un film-spot per promuovere l’incantevole Provenza, ma quella che invece Rose Bosch dirige è una pellicola piacevole sugli affanni della vita. Senza mai spingere troppo sul dramma, preferendo dare più spazio ai risvolti umoristici, la regista racconta questa complicata estate in Provenza attraverso un costrutto narrativo all’apparenza semplice, in cui si toccano temi tutt’altro che tali.

Adrian, Lia e Theo si ritrovano, loro malgrado, a lasciare Parigi per trascorrere l’estate con i nonni materni, Irène e Paul e, a dirla tutta, quest’ultimo lo conoscono ben poco, a causa di vecchie ferite ancora doloranti. Gli attriti sono immediati, le differenze che separano i ragazzi dal nonno sono tante, e la convivenza forzata non può che accentuarle. Le relazioni virtuali di cui si nutrono i ragazzi qui sono ostacolate dalla scarsità di campo e così devono immergersi nel mondo reale, quello fatto di persone in carne ed ossa, dove gli errori non si sistemano con un click.
Ad interpretare Paul un bravissimo Jean Reno, perfetto nei panni del contadino burbero, che sicuramente dà del suo vissuto al personaggio, essendo realmente un bravo olivicoltore.

Un’estate in Provenza: l’occasione per nonni e nipoti per fermarsi un attimo a riflettere sui propri sentimenti

La regista di Avignone non vuole raccontare solo dell’ovvio scontro generazionale tra nipoti e nonno, mediato dalla deliziosa nonna Irène, interpretata da un’Anna Galiena a suo agio in questo ruolo, ma anche delle differenze tra la vita parigina e quella della provincia. La Bosch va contro il luogo comune per il quale la vita cittadina è obbligatoriamente più intensa e ricca, facendo riflettere sul fatto che l’importante non è avere tante opportunità a disposizione, ma cogliere quelle che ci interessano. I ragazzi si ritrovano quasi disarmati di fronte alla naturalezza e alla spontaneità dei rapporti che si possono intessere nel piccolo centro, dove però tutti sanno di tutti, ed ogni cosa, abbigliamento compreso, viene passata al setaccio.

Un’estate in Provenza: una riflessione della regista sui nonni di oggi, sessantottini di ieri, e sull’importanza dell’integrazione di chi è diverso da noi

Un altro dei temi affrontati dal film riguarda la gioventù dei nonni, della quale Paul sembra non voler portar memoria, tanto è divenuto rigido, un passato che ripiomba all’improvviso nella sua vita, mettendone a nudo le debolezze.Non meno importante il tema della diversità: il piccolo Theo è non udente dalla nascita, parla solo col linguaggio dei segni, eppure riesce a stringere col nonno un dialogo intenso, che si nutre di sguardi e sorrisi. Quelli del piccolo Lukas Pelissier, il bimbo realmente non udente, che presta il volto a Theo, da soli valgono il prezzo del biglietto.
Impossibile non parlare della splendida colonna sonora, che spazia dai Deep Purple ai Coldplay, dai The Hair a Bob Dylan: particolarmente coinvolgente l’inizio con “Sound of Silence” di Simon & Garfunkel, che ci catapulta immediatamente nel mondo di Theo.
Il terzo lungometraggio della regista d’oltralpe è un esempio di come si possa intrattenere e divertire il pubblico pur toccando tematiche serie.
La Nomad Film, che ha distribuito la pellicola, ha riservato in ogni cinema una proiezione in cui il film è sottotitolato per i non udenti e audiodescritto per i non vedenti, a testimonianza dell’impegno nel sociale della casa di distribuzione, con la speranza che il suo esempio stimoli le altre distribuzioni a fare altrettanto.

Maria Grazia Bosu

Trailer

Cast

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