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Tutti al mare – Recensione

L’esordio alla regia di Matteo Cerami, figlio dello sceneggiatore cult Vincenzo, va a mare con tutti i panni

Regia: Matteo Cerami – Cast: Marco Giallini, Gigi Proietti, Ilaria Occhini, Anna Bonaiuto, Libero De Rienzo, Francesco Montanari, Ambra Angiolini, Claudia Zannella – Genere: Commedia, colore, 95 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 11 marzo 2011.

tutti-al-mare-filmCastelporziano, litorale romano, al lido di Maurizio (Marco Giallini) il pesce è sempre fresco! A meno che non venga puntualmente scongelato la mattina presto con l’aiuto di un pescatore cialtrone. Siamo nel covo estivo di italiani medi che si trattengono una giornata al mare, tra crucci sentimentali e una difficoltà intrinseca a vivere il quotidiano.

Il tutto è veicolato da un patchwork di gags di attori che se pur notevoli, non riescono del tutto, fatta eccezione per un Gigi Proietti che ritorna a far ridere senza offenderci, e un delizioso Sergio Fiorentini, nonno fascista.

Un calderone di luoghi comuni sulla società italiana contemporanea: le straniere dell’Est che si fanno sposare solo per la cittadinanza, donne anziane e non, con la sola preoccupazione di sapere che succede nello sceneggiato in tv, forze dell’ordine corruttibili, ristoratori truffaldini che costruiscono un impero sull’apparente esclusività del proprio prodotto. Dulcis in fundo gli extracomunitari, che restano i soli a fare quei lavori che gli italiani rifiutano, come per esempio essere sfruttati, ma con affetto, tutto il giorno sotto il sole estivo implacabile. Matteo Cerami esordisce alla regia con una sceneggiatura del padre Vincenzo, autore cult dagli anni Settanta.

La commedia corale prende spunto da un lavoro scritto sempre da Vincenzo Cerami nel 1977, “Il casotto”, diretto da Sergio Citti, il cui fantasma aleggia sin nei dialoghi, insieme addirittura ad un omaggio a Pasolini di cui Vincenzo fu aiuto regista in “Uccellacci uccellini”. Se chiusi in quel casotto un Ninetto Davoli più sbarazzino e il Proietti irriverente di trenta’anni fa, si esprimevano con l’umorismo feroce della commedia dei costumi prepotentemente mutevoli, qui l’ironia è decisamente non-sense e frivola, si tenta di inspessirla con elementi favolistici come un cavallo che passa così per caso, tra i clienti nel ristorante, e un Cammeo di Pippo Baudo che dovrebbe restituire dignità a quello che di giorno è un lido di coatti… ma questi italiani continuano ad apparire simpaticamente (ma non abbastanza) miserabili.

Giulia Distefano

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