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Tito e gli alieni (2017)

Recensione

Tito e gli alieni: il deserto surreale della solitudine

Tito e gli alieni review

Un uomo, sdraiato su un divano nel deserto con le cuffie in testa e un’antenna, che cerca ossessivamente la voce della moglie defunta fra i suoni dell’universo: questa è l’immagine che, impressa nella mente della regista Paola Randi, ha dato il via alla realizzazione della sua seconda opera. Un’immagine che già di per sè rappresenta una solitudine, un vuoto incolmabile che si cerca invano di riempire con qualcosa sperduto nell’universo infinito. Meno male che “Tito e gli alieni” non è solo il racconto di una solitudine, di un trauma – o di traumi – dovuto alla perdita delle persone care, ma è anche un viaggio verso la riscoperta della speranza, che i protagonisti della storia cercano (e trovano?) al di là delle stelle.

Paola Randi dopo il suo film d’esordio “Into Paradiso” uscito ben sette anni fa, torna al cinema con una pellicola travestita da semplice commedia, ma che nasconde molto di più, in cui uno scienziato napoletano (Valerio Mastandrea) “lavora” ad un progetto segreto per conto dell’aeronautica militare americana presso la famigerata area 51. Ormai da anni in una fase di eremitaggio nel deserto del Nevada, per via della morte della moglie, il professore passa una vita fatta di suoni celesti e isolamento forzato. Questo fino all’arrivo dei due nipoti da Napoli, Tito e Anita, che andranno a vivere con lui in seguito alla morte del padre.

I due sconvolgeranno la vita dello zio, che finalmente si rialzerà da quel divano impolverato per riportare il suo sguardo sulla terra e sulla vita. L’incipit della storia, se preso da solo, non sarebbe niente di originale anzi presenterebbe l’ennesima commedia italiana – e non – sulla riscoperta della vita. Come si suol dire, “mai giudicare un libro dalla copertina”, perché il film della Randi è come uno scrigno e una volta deciso di scoperchiarlo troveremo al suo interno l’impensabile.

Tito e gli alieni: nell’area 51 si parla napoletano

Tito e gli alieni bambini

“Tito e gli alieni” è un film attuale, che fa un uso sapiente dei generi che si mescolano in un prodotto nuovo e fresco che non ha la presunzione di autocelebrarsi o di inerpicarsi in massime esistenziali, visto il tema del racconto, e se lo fa è in una maniera innocente e pura. La commedia lascia il posto alla fantascienza, che lo lascia a sua volta al dramma e così via, in turbine di situazioni borderline in cui si cacciano i giovani protagonisti insieme all’impacciato zio.

Valerio Mastandrea porta in scena un uomo geniale, solo, disperato, goffo e che soprattutto ha perso il contatto con la realtà. I suoi movimenti sono maldestri sulla terra ferma, perché metaforicamente è un luogo che il suo corpo trova estraneo visto che la sua mente ha vagato per anni nel vuoto dello spazio privo di gravità. E come un astronauta di ritorno da una missione spaziale, deve recuperare con sforzo quelle funzioni motorie ormai dimenticate e la sua capsula per il ritorno saranno i nipoti che, tra un litigio e l’altro, lo riporteranno con i piedi per terra. A sua volta, il suo animo buono riscalderà i cuori ricolmi di tristezza di due bambini rimasti orfani e spediti in un “altro pianeta”, quello del deserto del Nevada.

I due già sognavano Las Vegas, la città che non dorme mai, e magari di incontrare Lady Gaga, invece si ritrovano in un luogo in cui la fantascienza è la religione dei suoi pochi abitanti. Un ambiente, quello del deserto, che si fa specchio dei sentimenti e dell’animo dei protagonisti. Senza dimenticare il fattore linguistico del film, infatti i protagonisti provengono da Napoli e il loro dialetto si scontra con l’americano del posto in situazioni veramente comiche, che però per tutta la durata del film non stancano mai e anzi il tutto fila liscio con una naturalezza che non fa avvertire allo spettatore la profonda barriera linguistica.

Tito e gli alieni: banco di prova per la sperimentazione

Tito e gli alieni Valerio Mastandrea

Altro fattore da tenere in considerazione in “Tito e gli alieni” è la sperimentazione estetica portata avanti dalla regista milanese che, attraverso effetti speciali utilizzati per la prima volta sul set, ha cercato di dare un taglio autoriale alla propria opera, riuscendoci pienamente considerando anche il budget a disposizione. Si avverte nel film un tocco intimo e personale non soggetto ai desideri del mercato ma più a quelli della sua autrice. Come molti film e serie televisive, soprattutto di stampo americano, la fantascienza si dimostra il luogo ideale in cui poter sperimentare e lasciare libero l’estro creativo di coloro che scelgono di tuffarsi in questa melma dalle infinite possibilità.

Il genere è caro alla regista – cresciuta con “Guerre Stellari” – e ne fa un uso consapevole, utilizzando anche un immaginario collettivo rétro e senza tempo che regala dei bei momenti. Il problema arriva quando fuoriesce troppo e la sperimentazione sembra essere andata avanti non controllata, perché “Tito e gli alieni” non è un film perfetto, infatti alcuni risvolti narrativi conducono a brutti strafalcioni. Per fortuna, la storia trova il modo di ritornare sui binari giusti, facendo sì che ci si possa sorvolare su.

La sintonia dell’intero cast rende credibile ogni scena del film, che trova il modo di dare il giusto spazio anche alle varie comparse, e Paola Randi si dimostra una regista sapiente, consapevole del mezzo cinematografico e con tanta voglia di sperimentare.

Riccardo Careddu

Trama

  • Regia: Paola Randi
  • Cast: Valerio Mastandrea, Clémence Poésy, Luca Esposito, Chiara Stella Riccio, Miguel Herrera, John  Keogh, Gianfelice Imparato
  • Genere: Commedia, colore
  • Durata: 92 minuti
  • Produzione: Italia, 2017
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data di uscita: 7 giugno 2018

tito-e-gli-alieni

 

“Tito e gli alieni” è una commedia ambientata nel deserto del Nevada, negli Stati Uniti. Il film segue le vicende di uno scienziato napoletano che lavora su un progetto segreto per conto del governo americano nella zona vicina all’Area 51. La vita del professore è monotona: egli infatti trascorre le sue giornate seduto sul divano ad ascoltare i suoni che arrivano dallo Spazio, nella speranza di captare la voce della sua defunta moglie. Ogni tanto, però, questa sua noiosa esistenza viene scossa da Stella, una giovane wedding planner che vive organizzando i matrimoni ai turisti che credono nell’esistenza degli alieni.

Ben presto il suo isolamento giunge al termine. Arriva da Napoli la notizia della morte di suo fratello, che affida allo scienziato i suoi ormai orfani figli Tito e Anita, rispettivamente di 7 e 16 anni. Il professore, sconvolto dalla notizia, si prepara ad accogliere i nipoti che si aspettano di vivere a Las Vegas, ma che una volta giunti nel luogo si rendono conto di trovarsi in mezzo al deserto.

Tito e gli alieni: la seconda opera di Paola Randi

“Tito e gli alieni” è il secondo lungometraggio della regista e sceneggiatrice milanese Paola Randi ed è stato ispirato da una sua esperienza personale. La Randi ha infatti raccontato pubblicamente che, quando suo padre ha iniziato a perdere la memoria, ha deciso di appendere al muro il ritratto di sua moglie per non dimenticarla.

Il protagonista di “Tito e gli alieni” è interpretato da Valerio Mastrandrea (“La prima cosa bella“, “Tutta la vita davanti“, “Romanzo di una strage“, “Perfetti sconosciuti“).

Le riprese si sono svolte tra il Nevada, l’Almeria e la Spagna nel tentativo di costruire le ambientazioni perfette.

Il film è stato presentato al Festival di Torino nella sezione Festa Mobile.

Trailer

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