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The Woman in Black – Recensione

Storia di fantasmi e di paura (pochina), per il primo ruolo del Daniel Radcliffe dopo Potter

Regia: James Watkins – Cast: Daniel Radcliffe, Ciarán Hinds, Janet McTeer, Roger Allam, Sophie Stuckey, Shaun Dooley, Liz White, David Burke – Genere: Horror, colore, 95 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2011 – Distribuzione: Videa-CDE – Data di uscita: 2 marzo 2012.

thewomaninblack“The Woman in Black” è la trasposizione cinematografica della ghost novel di Susan Hill pubblicata nel 1982, che vanta una riduzione teatrale, una rielaborazione televisiva e persino una serie radiofonica, tutte di notevole successo.

Al romanzo mancava solo la versione cinematografica, ed a ciò ha provveduto la Hammer Film Production, storica casa di produzione britannica, vera icona degli amanti dell’horror, suoi i cicli di Frankenstein e di Dracula, che ha annoverato tra i suoi attori di punta il grande Christopher Lee e l’altrettanto talentuoso Peter Cushing.

Dopo quasi due decenni di inattività la Hammer è pronta al rilancio, e nel tentativo di attirare nelle sale, con “The Woman in Black”, un pubblico più ampio di quello dei tradizionali amanti dell’horror, ha purtroppo realizzato una pellicola che non giunge mai a compimento. Il film infatti rimane sospeso in un limbo che non può che scontentare.

Ambientata in epoca vittoriana, la storia parla di un giovane avvocato londinese Arthur Kipps, che per tenersi stretto un lavoro traballante lascia il figlio di tre anni per recarsi nel villaggio di Crythin Gifford, per sbrigare questioni legali riguardanti la messa in vendita di una casa appartenente ad una donna appena deceduta. Il lavoro si rivela più complicato del previsto, in un ambiente ostile che mostra di nascondere segreti terribili.

L’ambientazione è d’effetto, la palude che accerchia la casa del mistero, a tratti solo nebbia e lievi folate di vento, crea tanta inquietudine nello spettatore, la fotografia è rarefatta come d’uopo in pellicole del genere, a tratti persino troppo sbiadita, ma non basta a creare il pathos necessario.

Manca una sceneggiatura incisiva, che abbia il coraggio d’osare, di dare una sferzata ad un racconto totalmente privo di picchi di tensione, che si dispiega stancamente, senza mai stupire.

La pellicola scivola via senza infamia e senza onore, tra spiriti, porte che si aprono da sole, infanzia rubata, orribili carillon dotati di vita propria e bambole inquietanti, che poco credibilmente posso esser stati sollazzo per infanti. E non è il finale alla “Drag Me to Hell” che risolleva la situazione, anzi…

La scelta di Daniel Radcliffe come protagonista, non è sbagliata, il giovanotto è un interprete di sicuro talento, qui al suo primo ruolo del dopo Potter. Ma spesso sotto la barbetta e il volto pallido ancora si intravedere il maghetto Harry, in cui speriamo l’attore non rimanga intrappolato.

Se la Hammer puntava su “The Woman in Black” per il suo rilancio internazionale non ha di certo colpito il bersaglio.

Maria Grazia Bosu

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