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The Departed – Il bene e il male – Recensione

“The Departed – Il bene e il male”, capolavoro di Martin Scorsese con un cast d’eccezione

(The Departed) Regia: Martin Scorsese – Cast: Leonardo DiCaprio, Matt Damon, Jack Nicholson, Martin Sheen, Alec Baldwin, Mark Wahlberg – Genere: Drammatico, Thriller, colore, 149 minuti – Produzione: Usa, 2006 – Distribuzione: Medusa – Data di uscita: 27 ottobre 2006.

the-departed-il-bene-e-il-maleIl punto di partenza è “Infernal Affaire”, una crime story proveniente dal cinema di Hong Kong, trasportata dallo sceneggiatore William Monahan in una Boston malavitosa in cui si agitano criminali irlandesi. Il risultato è la conferma di un cinema d’autore, senza cadute, con un linguaggio capace di rinnovarsi in una regia che mira a scandagliare i molteplici aspetti del reale.

Se infatti in “Gangs of New York” Scorsese scardinava nelle sua fondamenta l’intera collettività, attraverso personaggi icone del bene e del male, tanto da assumere tratti a volte grotteschi, in “The Departed” il regista sembra prediligere i giochi di luce e ombra. Ancora una volta è la messa in scena di una società sbagliata, malata da qualunque parte la si prenda in considerazione. I due protagonistiche di quella società dovrebbero rappresentare situazioni diverse sono entrambi innamorati della stessa donna che non a caso è una psicanalista che prova non solo a curarli, ma anche a capirli.

I personaggi che entrano in colluttazione sono provvisti di identità difficili da definire, dai confini labili, senza certezza alcuna (solo il mafioso Frank Costello è un esaltante e delineata immagine del male, il cui vigore è incisivamente rafforzato da un Jack Nicholson perfettamente in ruolo). Come facce di una stessa medaglia, apparentemente opposti per indole – arrivista e calcolatore il Colin Sullivan di Matt Damon, fragile, ma violento il Billy Costigan di Di Caprio – i due sembrano in realtà confondersi nella loro necessità di riscattarsi da un passato che ne costituisce una sorta di marchio di fabbrica, i cui segni operano come cicatrici indelebili. Tutto è diverso da come sembra. Il conflitto interiore trova un corrispettivo in quello esterno con un antagonista per il quale infine si preannuncia lo stesso destino.

L’inganno e il tradimento sono i motivi dominanti. In quanto spie Colin e Billy vivono una posizione ambigua la cui ambivalenza è ulteriormente sottolineata dagli oggetti con cui hanno a che fare (sia Billy che Colin comunicano con due mondi diversi: il primo ha due cellulari, l’altro doppia scheda nello stesso telefono). Talpe o topi, come sono definiti nel film, il loro compito consiste nell’infiltrarsi in un sistema codificato – tanto dalle leggi della polizia, come dalle regole della malavita – smontandolo dall’interno, per smascherarne vizi e peccati. Impresa ardua che sembra rimandare proprio al lavoro del regista che si pone all’interno del mercato hollywoodiano in qualità di autore capace di lavorare seguendo il proprio percorso e imponendolo alla stessa industria. Poliziotti, malavitosi e soprattutto figure che si pongono in una zona di confine e che nel loro scomodo ruolo dimostrano la difficoltà di definire la propria identità.

Tipi umani che oltre a Scorsese, sembrano interessare anche Michael Mann nel suo coevo “Miami Vice”, dove, seguendo vie diverse, e affidando il messaggio soprattutto all’immagine, si finisce sempre per interrogarsi sulle possibilità dell’uomo e, a uno sguardo più attento, dell’artista.

Laura Calvo

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