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The Constant Gardener – La Cospirazione – Recensione

Rachel Weisz e Ralph Fiennes in un dramma ambientato nella splendida cornice del Kenya, una pellicola d’amore e di denuncia

(The Constant Gardener) Regia: Fernando Meirelles – Cast: Ralph Fiennes, Rachel Weisz, Hubert Koundé, Sidede Onyulo – Genere: Drammatico, colore, 129 minuti – Produzione: Gran Bretagna, Kenya, Germania, 2005 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 3 Marzo 2006.

theconstantgardenerPremio Oscar e Golden Globe per la Migliore Attrice non Protagonista (Rachel Weisz) e ben tre British Indipendent Film Awards (Miglior Film, Migliore Attrice e Miglior Attore, Ralph Fiennes). Un film sicuramente da vedere.

Quando la pellicola uscì nelle sale molte critiche commentarono superficialmente che “si poteva vedere”, ma andando a fondo si intuisce invece che “The Constant Gardener” tratta un tema talmente delicato e talmente urgente, ieri come – purtroppo – oggi, che, anche se non fosse riuscito, non potrebbe essere definito semplicemente così, come a dire: si può vedere se non si ha niente di meglio da fare.

Una storia d’amore intensa tra due persone e una storia d’amore intensa tra una donna e un’Africa che vuole salvare, a tutti i costi, al limite dell’abbandono delle proprie difese. Lei, Tessa, è una persona di piccole attenzioni – dare un passaggio in macchina ad uno sconosciuto – e grandi progetti – avere cura costante della vita e della salute del popolo africano martoriato dall’indifferenza del grande capitalismo occidentale. Lui, Justin, è un uomo riservato, impacciato, estremamente sensibile. Ama sua moglie e ama le sue piante con la stessa costanza.

 Il lungometraggio è ritmato da una colonna sonora avvolgente, calda. La fotografia è sublime, probabilmente perché sublimi sono i paesaggi del Kenya dove il film è ambientato. Il montaggio, ricco di flashback, si accompagna perfettamente al dinamismo di un thriller e all’intensità che richiede una storia d’amore.

Tessa, desiderosa e ingenua, o cieca nel suo bisogno di dare, trova la morte in circostanze misteriose. Justin, finora rimasto in ombra dalla forza prorompente della compagna, si riscatta cercando di donare il giusto valore al coraggio di lei, e così comincia a seguire i suoi passi alla ricerca della verità. Ma non è vendetta la sua, è desiderio di condivisione, è solo un modo diverso di amarla.

Ed è così che lentamente vediamo Justin compiere – forse consciamente – i gesti di sua moglie Tessa, quelli che un tempo guardava con disappunto, o forse semplicemente con preoccupazione, onorando la sua “lotta” in un finale che rende la morte, vita. La crudeltà si fa dolcezza perché la casa non è una costruzione con un tetto sopra, ma una presenza e un’empatia con essa. È la costanza della passione, che si scontra con quella del metodo, ma che poi nella costanza dell’amore, che entrambi posseggono, si riunifica, si completa, dona un senso di pace.

Un film che al contempo ci sbatte in faccia le nostre ipocrisie e le conseguenze infami dell’insaziabilità di denaro, un film che smuove le coscienze, che aspira a far sì che qualcosa cambi. Prendersi realmente cura di questo impero di bambini denutriti e malati, questo stuolo di cavie che ci compiacciamo ad osservare, forti del nostro “non essere come loro” perché “le loro vite sono importanti per noi solo perché ci costano poco”. Contro questo abominio lottava Tessa ( e nella realtà molti come lei) e questo non è qualcosa che “si può vedere”, è qualcosa che si deve vedere e possibilmente, almeno nella coscienza, risolvere.

Alice Rinaldi

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