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Rio 2096 – Una storia d’amore e furia – Recensione

Per la prima volta in un film d’animazione il Brasile di ieri e la sua lunga storia

Regia: Luiz Bolognesi – Voci: Massimo Lodolo, Barbara De Bortoli, Dario Oppido – Genere: Animazione, colore, 74 minuti – Produzione: Brasile, 2013 – Distribuzione: GA&A Productions s.r.l – Data di uscita: 3 luglio 2014.

rio2096Un viaggio nel passato e nel futuro per guardare al presente e forse anche cambiarlo. Sembra tale l’obiettivo di “Rio 2096”, l’ultimo film del paulista Luiz Bolognesi, che attraverso i fumetti classici, quelli, per capirci, nati dalla matita e non dal mouse, ripercorre sul grande schermo le tappe della storia del Brasile ‘più brasiliano’ che abbiate mai conosciuto.

È già perché non di sola natura, musica e calcio si è nutrita negli anni l’identità brasiliana, ma anche di storie e miti che risalgono all’epoca degli indios Tupi-Guarani, gli antichi abitanti della terra verde-oro. È all’epoca della loro estinzione per effetto della colonizzazione portoghese, che l’inizio del film viene ambientato. Il protagonista è, infatti, un indios, di nome Abeguar, che viene prescelto dagli dei per salvare il suo Paese da “Aganha”, il male assoluto.

E quante forme il malvagio possa assumere nel corso della storia lo scopriamo seguendo il viaggio nel tempo che il protagonista compie, grazie al dono dell’immortalità con cui viene fregiato, ma anche punito. Abeguar deve infatti affrontare non solo gli orrori della colonizzazione straniera, quelli della schiavitù latifondista di fine Ottocento e quelli della dittatura degli anni ’Settanta-Novanta, ma deve anche farlo assistendo in tutte queste occasioni alla violenta morte di Janina, la donna che ama.

E’ è proprio quando il film si avvicina alla fine, e il nostro eroe ha perso ogni speranza di vincere contro Aganha, che avviene il salto nel futuro: il Cristo Re è ricoperto di scritte e ha un braccio divelto senza il quale non può più abbracciare la baia di Rio e la lotta e la corruzione non sono più legati al possesso della terra, ma a quello delle falde acquifere. Come a dire che il male non smetterà mai di tormentare, soprattutto i più deboli cui Abeguar dà voce, se non intervenendo nel presente.

Quella di Bolognesi è un’opera che certamente non potrà non essere apprezzata per originalità. Il compito, tipicamente assunto dalle tanto amate soap-opera del luogo, di raccontare la storia brasiliana viene per la prima volta affidato a un film d’animazione e con ottimi risultati. La riflessione offerta, infine, è ampia, spazia da quella sociologica a quella ambientalista e copre tutte le realtà, non solo quella brasiliana. Un grazie dunque al regista per il coraggioso tentativo di mostrare al mondo, nonostante i modesti ma poetici mezzi, le espressioni di un volto, quello del Brasile, ancora in parte da scoprire.

Cecilia Sabelli

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