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Racconto di Natale – Recensione

Un dramma familiare lacerante e disperato firmato Arnaud Desplechin

(Un conte de Noël) Regia: Arnaud Desplechin – Cast: Catherine Deneuve, Jean-Paul Roussillon, Mathieu Amalric, Anne Consigny, Melvil Poupaud, Hippolyte Girardot, Emmanuelle Devos, Chiara Mastroianni, Laurent Capelluto, Emile Berling, Françoise Bertin, Samir Guesmi, Azize Kabouche, Thomas Obled, Clément Obled – Genere: Drammatico, colore, 150 minuti – Produzione: Francia, 2008 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 5 dicembre 2008.

racconto-di-nataleIl tormento psicologico in seguito ad un grave lutto e i legami parentali che si sgretolano di conseguenza, sono alla base del film di Arnaud Desplechin. La vicenda è quella dei coniugi Abel e Junon Vuillard. I due si trovano a dover affrontare la terribile malattia del figlio Joseph, per il quale si rende assolutamente necessario un trapianto di midollo osseo. Né i genitori né la sorella Elizabeth sono compatibili.

Abel e Junon decidono allora di concepire un altro bambino, nella speranza di una possibile donazione. Ma anche il piccolo Henri non risulta compatibile e Joseph muore a soli 6 anni. Il dolore è lacerante, e neanche la nascita di un quarto figlio, Ivan, riesce a allontanare la sofferenza, consentendo a sentimenti come rancore e livore di rovinare del tutto i rapporti fra i componenti della famiglia. Solo qualche anno più tardi, quando Junon, scopre di avere la stessa malattia di Joseph e l’unico che può aiutarla è Henri, i Villard si riuniscono nuovamente nella loro città di origine.

Il film è un racconto corale che ricorda le “riunioni” di Jean Renoir, in una casa di campagna. “La regola del gioco“ viene siglata da un tacito accordo, ma rimane la consapevolezza che si sono perse molte partite. Quella più grande, forse, l’ha giocata il destino, che beffardo concede al solo figlio non amato (Henri) di donare il midollo a Junon, per consentirgli di vivere ancora.

“Racconto di Natale” è un dipinto a tinte forti dei rapporti complicati che non trovano soluzioni. Può il senso d’appartenenza ad un nucleo familiare consentire di prescindere dalle motivazioni che ne hanno provocato la rottura? I personaggi compiono a ritroso un cammino nella memoria, ognuno alla ricerca della propria identità e non di quella che si sono costruiti nella mente cospargendola di menzogna. I rapporti fra i componenti forse non si riallacceranno mai, ma rimane la volontà di perdurare. Joseph (il primogenito morto) è una sorta di fantasma che lega i destini comuni; aleggia in una sera di Natale in cui i Vuillard si riuniscono in una non proprio conviviale cena dei ricordi.

Come nel testamento filmico di Bergman “Funny e Alexander”, i membri della famiglia si raccolgono intorno ad una rappresentazione, ma la vera commedia è quella che ognuno ha recitato con maestria nella propria vita. Il lieto fine in qualche modo non soddisfa le aspettative. In un ultimo tiro della sorte Henri lancia una moneta, scommettendo ancora una volta con la madre, dove testa o croce siglano, in effetti, il ricongiungimento familiare.

Serena Guidoni

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