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Premonitions – Recensione

 

Premonitions: caccia al serial killer con poteri sensitivi

  • Titolo originale: Solace
  • Regia: Afonso Poyart
  • Cast: Anthony Hopkins, Colin Farrell, Jeffrey Dean Morgan, Abbie Cornish, Janine Turner, Sharon Lawrence, Marley Shelton, Xander Berkeley, Kenny Johnson, Jose Pablo Cantillo, Matt Gerald, Angela Kerecz, Autumn Dial, Joshua Close, Jordan Woods-Robinson
  • Genere: Thriller, colore
  • Durata: 101 minuti
  • Produzione: USA 2015
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data di uscita: 12 Novembre 2015

Premonitions-recensione-marco-donatiSull’abusato canovaccio del confronto tra una squadra ristretta FBI e un serial killer dal marchio identificativo si innesta un elemento paranormale, atto a conferire originalità e spinta propulsiva a uno schema narrativo consolidato: si tratta, nella fattispecie, di una sorta di chiaroveggenza di cui si fanno forti, secondo diversi gradi e modalità, l’assassino e uno degli agenti coinvolti nell’operazione di cattura.

In fase di scrittura, però, gli sceneggiatori Sean Bailey e Ted Griffin non sembrano riuscire nell’intento di inserire questo elemento paranormale con il giusto dosaggio: le indagini sugli omicidi, attorno alle quali sembra evolversi la vicenda nella prima fase, vengono ben presto messe da parte per lasciare tutto lo spazio scenico allo scontro tra il grande cattivo di turno, Colin Farrell, e l’anziano agente coinvolto nell’ultima missione della vita, Anthony Hopkins.

Se anche i due attori riescono a offrire interpretazioni dignitose, il difetto è prima nella superficialità con cui vengono delineati le motivazioni e i tratti caratteriali dei personaggi, poi nella povertà del contesto narrativo in cui si trovano ad operare: il conflitto tutto mentale – fondato sulla capacità di focalizzare nitidamente eventi in procinto di accadere – è ridotto nell’estetica del regista brasiliano Poyart a una blanda spettacolarizzazione visiva, con annessi richiami simbolici piuttosto gratuiti e immagini rallentate in stile videoclip; il ritmo del thriller sembra non trovare mai il passo giusto, finendo inevitabilmente per girare a vuoto.

“Premonitions”: il discorso mancato sull’eutanasia

Attorno al confronto centrale tra i veggenti volteggiano due agenti FBI, un uomo e una donna, dai comportamenti accentuatamente stereotipati e caratterizzati con i tratti canonici della virilità poliziesca: la loro funzionalità narrativa è limitata all’effetto di sblocco nei confronti del più anziano Anthony Hopkins; il primo lo coinvolge nuovamente in un’operazione dopo un lungo periodo di allontanamento dal lavoro, la seconda ne stimola l’elemento affettivo apparentemente esautorato dalla morte della figlia, causa forzata del suo ritiro.

Le motivazioni che permeano le operazioni mirate del serial killer rappresentano un altro innesto originale nel copione. Non si tratta infatti di un omicida affetto da disturbi mentali o particolare gusto per l’efferatezza, ma, al contrario, di un missionario che cerca di investire il proprio straordinario potere in una peculiare operazione di salvataggio: tutte le sue vittime sono destinate ad agonizzare tra atroci sofferenze a causa di malattie irreversibili, che di lì a poco finiranno per affliggerle; una morte rapida e indolore, quella che nel corso del film viene distribuita da Colin Farrell, diviene così un gesto di umana compassione, l’applicazione di una eutanasia arbitraria ma volta nelle intenzioni a risparmiare alle vittime l’incombenza di dolori fatali.

Il tema introdotto è assai delicato. Ma, pur riuscendo abilmente a evitare ogni connotazione moralistica al riguardo – e questo può anche essere considerato un pregio della sceneggiatura –, l’argomentazione appare piuttosto semplicistica e un po’ defilata rispetto allo sviluppo prevalentemente “action” della vicenda: l’elemento di complessità viene accennato e poi trascurato, al modo in cui si lancia un sasso per poi nascondere la mano. Finisce così per disperdersi l’unico aspetto artisticamente nobilitante del film, e ciò che rimane è una rappresentazione di genere piuttosto superficiale.

Marco Donati

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