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Marie Heurtin – Dal buio alla luce: l’incontro con il regista

Marie Heurtin – Dal buio alla luce: un film intenso sulla difficoltà nel comunicare per i disabili audiovisivi

Marie HeurtinL’Istituto francese Saint Louis di Roma accoglie l’anteprima di “Marie Heurtin – Dal buio alla luce” e l’incontro del regista Jean Pierre Améris con la stampa.
Inizialmente il regista era intenzionato a riportare sul grande schermo la storia di Helen Keller, la bambina diventata sordo-cieca a soli sedici mesi dopo una grave malattia, e della sua insegnante Anne Sullivan, che le ha insegnato la lingua dei segni con la mano. Il grande pubblico ne ha conosciuto le vicende grazie al noto film “Anna dei miracoli”.

Scoprendo ben presto che “Helen Keller per gli americani è un’eroina, per cui fanno un remake per la TV quasi ogni 15 anni, ed i diritti sono impossibili da ottenere”, Jean Pierre Améris viene a conoscenza del fatto che, in questo mondo che vuole a tutti i costi raccontare, proprio in Francia esiste una storia analoga, dimenticata dai più: quella di Marie Heurtin.
Per più di due anni Amèris si è dedicato alle ricerche, che in un primo momento hanno interessato sopratutto il diario di suor Margherita, la donna che si è occupata della ragazza, per poi concentrarsi sul libro che la stessa Marie ha scritto dopo aver imparato il linguaggio braille.

Marie Heurtin – Dal buio alla luce: ad interpretare Marie una giovane sorda che si era persino dimenticata di iscriversi al provino per la parte

A prestare il volto a Marie è Ariana Rivoire, una ragazza sorda dalla nascita, che già conosceva il linguaggio dei segni e che il regista francese ha scelto tra più di 200 aspiranti. Avrebbe voluto lavorare con una ragazza che fosse sorda e cieca, “ma la ragazza trovata non si è poi resa disponibile per le riprese”.

“Nel mio primo film avevo già lavorato con una ragazza sorda e il messaggio del film è proprio che l’handicap non è una difficoltà”, ha poi aggiunto sorridendo che la difficoltà sarebbe stata lavorare con un’attrice non brava. Degli interpreti hanno seguito la troupe e gli attori, e grazie a loro tutti hanno imparato il linguaggio dei segni, sicuramente meglio del regista, che confessa amabilmente di avere tuttora qualche difficoltà.

L’istituto Larnay a Poitiers in cui sono vissute Marie e suor Margherita dagli anni 60 non è più tenuto da religiose, ma accoglie sempre bambini sordi o sordo-ciechi, provenienti da ogni parte del mondo.
Il regista è stato al centro per due anni, ma non ha dimenticato il primo giorno in cui vi si è recato: “Avevo un po’ di paura, mi sono venuti incontro 15 adolescenti con le suore, quasi mi hanno respirato e, visto che sono molto alto, mi hanno fatto abbassare per toccarmi il volto. Siamo in una società virtuale dove il contatto fisico non esiste quasi più, invece queste persone hanno bisogno di un contatto intenso, una conoscenza per loro dura anche 20 minuti”.

In Francia ci sono purtroppo tanti milioni di disabili, tra sordi, sordo-ciechi e ciechi, eppure è stata dura riuscire ad ottenere che il film andasse in sala coi sottotitoli e le audio-descrizioni; fortunatamente il pubblico “si è immerso in questo tipo di comunicazione, ed il film è stato un successo”.

Marie Heurtin – Dal buio alla luce: al centro il tema della comunicazione tra individui

Il cineasta ammette che quello della comunicazione, o meglio delle difficoltà del comunicare, è un tema a lui caro, cui ha dedicato i suoi ultimi tre film, “Emotivi anonimi”, “L’uomo che ride” e questo presentato oggi. “Faccio film su temi che mi piacciono… e grazie alla passione per il cinema voglio raccontare la libertà del poter comunicare, nonostante un handicap”. Per Améris questo è fare cinema, un cinema che serve ad aprirci agli altri: “Ho una forte ammirazione per l’essere umano, per la sua capacità di adattarsi e comunicare col mondo”.

Questo è anche il terzo film con Isabelle Carre: “E’ un’attrice che m’ispira, non c’è somiglianza fisica col personaggio di Margherita, che era più grande e robusta, ma Isabelle ha una forte propensione a comunicare con l’altro, a capire il disagio altrui. Ha studiato il linguaggio dei segni per sei mesi prima delle riprese: per lei, che è anche ballerina, è un’ulteriore modo per comunicare”.

Marie Heurtin – Dal buio alla luce: “Non faccio film tristi” ha detto il regista

“Quello che è triste nella vita è ciò che rimane incompiuto”. Margherita ha insegnato a Marie ad essere autonoma, seppur a discapito della sua salute, perchè “è triste morire da soli”. L’autore francese vorrebbe avere la gioia di girare un film con attori sordi che non tratti dei loro problemi, e ha sottolineato come la gioia vera non sia solo nella salute o nella bellezza.

In Francia è già uscito il film che il regista ha realizzato dopo questo presentato oggi, “Une famille à louer”, “una commedia stile “Emotivi anonimi”, molto autobiografico”, sulla famiglia, “proprio io che ero contro la vita familiare, l’ho scoperta tardi e la voglio raccontare”.
E’ ora impegnato nello script di un film sul difficile ritorno di un soldato alla vita normale: “Ho passato un anno in un ospedale con i soldati, e i finanziatori dicono le stesse cose, ma a chi può interessare questa storia? Ogni volta che si vuole raccontare la storia di qualcuno ‘messo fuori’ ci vuole forza, in un cinema uniforme non si vogliono raccontare storie difficili”.

Marie Heurtin – Dal buio alla luce: un film accessibile a tutti

Il film uscirà il 3 Marzo 2016 inizialmente in 30 sale, distribuito in Italia dalla Mediterranea Productions di Angelo Bassi, con il sostegno della Lega del Filo d’Oro, e sarà accessibile in sala anche al pubblico sordo e cieco. Infatti grazie al CINEDEAF (Festival Internazionale del Cinema Sordo), alla collaborazione di MovieReading ed alle cooperative Big Bang e Eyes Made, verranno organizzate proiezioni speciali con appositi sottotitoli e audio descrizioni scaricabili tramite un’applicazione da mobile. Un progetto importante, che rappresenta l’abbattimento delle barriere audiovisive e che si lancia in un’ottica di accessibilità piena.

Maria Grazia Bosu

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