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L’uomo nell’ombra – Recensione

Roman Polanski dirige un thriller complottistico con Ewan McGregor nei panni di un ghost writer dal compito ingrato

(The Ghost Writer) Regia: Roman Polanski – Cast: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams – Genere: Thriller, colore, 131 minuti – Produzione: USA, Germania, Francia, 2010 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 9 aprile 2010.

luomonellombraDura la vita per il ghost writer, figura professionale tra le meno gratificate e, come il nome stesso suggerisce, meno visibile. Eppure non esiste politico, personaggio dello spettacolo, grande dirigente che non si avvalga dell’oscuro ma prezioso lavoro di questi uomini di penna in grado di trasformare in corretta e se possibile piacevole scrittura, i loro pensieri, idee ed aneddoti. Ovviamente limati ed edulcorati da quanto possa metterli in cattiva luce.

Ancora più ingrato il compito per il ghost interpretato da uno Ewan McGregor, perennemente spettinato e stropicciato, che quasi per caso viene assoldato per scrivere la biografia, dall’ex Primo Ministro Britannico, Adam Lang (Pierce Brosnan), in grossa crisi d’immagine per via di alcune accuse di crimini di guerra commessi su presunti terroristi. Lo scrittore fantasma, pur con la promessa di un ricchissimo compenso, si trova da un giorno all’altro a volare da Londra in un’isola sull’Atlantico dove Lang ha la sua residenza, lussuosa e blindatissima, ma soprattutto invischiato in un mondo di spie, trame segrete, tradimenti, scandali politici, scoprendo verità che metteranno la sua vita, e quello di altri, seriamente a rischio.

Con “L’uomo nell’ombra”, tratto da un bestseller di Robert Harris e vagamente ispirato alla figura di Tony Blair, Roman Polanski torna al genere complottista, playground nel quale ha sempre dato i suoi migliori risultati, con un film girato prima che i noti fatti di cronaca lo portassero in esilio in Svizzera. Strizzando l’occhio alla sua musa Hitchcock, il settantenne franco-polacco costruisce un bel thriller disseminato di false tracce, dove l’uomo comune (una costante nel suo cinema) McGregor, che significativamente non viene mai chiamato con il suo nome, si ritrova risucchiato in un ingranaggio nel quale non si può fidare di nessuno e di cui solo all’ultimo scoprirà il ganglio decisivo.

Pur allentando qua e là la tensione con battute e personaggi intrisi di humour nero, Polanski riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore, il quale per stare al gioco deve comunque essere pronto a sorvolare su alcune forzature di sceneggiatura. Una su tutte: nella villa di Lang, il nostro ghost trova per caso un foglietto con un numero di telefono. Nel mondo reale potrebbe essere quello del pizza delivery piuttosto che di un idraulico rimediato in extremis. Nell’universo cospiratorio di Polanski, alla sua digitazione risponde nientemeno che il Segretario di Stato inglese in persona che declina subito nome, cognome e professione, neanche fosse l’operatore di un call center. Eh ma così è troppo facile caro ghost!

Vassili Casula

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