Eco Del Cinema

Leoni per agnelli – Recensione

Robert Redford colpisce nel segno con una pellicola che incrimina la società statunitense, ma soprattutto il singolo individuo che abdica alle proprie responsabilità

(Lions for Lambs) Regia: Robert Redford – Cast: Robert Redford, Meryl Streep, Tom Cruise, Michael Pena, Derek Luke, Andrew Garfield, Peter Berg – Genere: Drammatico, colore, 91 minuti – Produzione: USA, 2007 – Distribuzione 20th Century Fox Italia – Data uscita: 14 dicembre 2007.

leoniperagnelliDa sempre attento a tematiche capaci di indagare appieno le dinamiche dell’animo umano, Robert Redford in “Leoni per agnelli” mostra tutta la sua maturità artistica, ponendo interrogativi ai quali ogni singolo individuo dovrebbe sentirsi chiamato a rispondere. Disinteressato alla guerra come pretesto di action movies privi di spessore, Redford, attraverso la storia di tre personaggi fondamentali, si sofferma sul ruolo della politica, dei media e dell’istruzione negli Stati Uniti, sottolineando gli errori perpetrati non solo dal potere, ma anche dalla stampa e da chi osserva gli eventi senza prendere posizione alcuna.

Cos’è il rischio? Cos’è il coraggio? Cosa l’impegno? Sono queste le domande alle quali siamo tutti chiamati a rispondere, indipendentemente dallo spazio che occupiamo nella nostra società. Un ambizioso politico, una giornalista scrupolosa e un insegnante consapevole della propria influenza reagiscono a una data situazione partendo da un punto di vista individuale, le cui conseguenze possono tuttavia coinvolgere anche altre persone.

Dall’altra parte le nuove generazioni, ragazzi che perdono fiducia, o giovani che scendono in campo, “leoni” che rischiano la vita, a volte realmente convinti di essere forieri di democrazia, di agire in una missione di pace, contraddittoriamente macchiata di sangue. Non sono loro gli “agnelli”, ma coloro che comandano che non hanno la forza necessaria per governare e si riempiono di parole mentre mandano altri in prima linea a morire. Di fronte alla narrazione di queste figure, che in un modo del tutto evidente alludono a un presente fin troppo reale, lo spettatore è posto sullo stesso piano dello studente richiamato da Redford, professore dagli occhi limpidi e dall’integrità totale, a riflettere e a prendere posizione nei confronti degli eventi contemporanei, con la convinzione che l’inerzia sia negativa alla stessa stregua dell’errore.

A partire da queste argomentazioni, la cui forza chiama in causa ogni singola persona, trasformando qualsiasi contesto in un campo d’azione, il dramma da bellico si fa umano, individuale, totalmente indipendente dal luogo in cui il soggetto è chiamato a muoversi. Non importa dunque che ci si trovi sul territorio afgano dove due soldati americani rischiano la vita, nell’ufficio di un politico in cui due professionalità si fronteggiano seguendo dinamiche diverse, o nella stanza di un professore che cerca in tutti i modi di infondere fiducia in una giovane mente: la sceneggiatura di Matthew Carnahan riesce in ogni caso a mantenere alto il ritmo del racconto, poggiando su dialoghi intelligenti che ben esprimono aspettative e delusioni dell’uomo americano.

Alla fine l’obiettivo di Redford sembra raggiunto se lo spettatore, indipendentemente dal finale della storia, si alza dalla sua poltrona con qualche interrogativo in più e con un nuovo disagio per tutte quelle responsabilità personali a cui troppo spesso ha abdicato.

Laura Calvo

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