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La zuppa del demonio – Recensione

L’utopia del progresso raccontata da Davide Ferrario

lazuppadeldemonioNel 1964 Dino Buzzati coniò l’espressione “La zuppa del demonio” per descrivere in un documentario il lavoro nell’altoforno dell’acciaio. Parte da questa definizione il documentario di Davide Ferrario dal titolo omonimo presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2014.

Lo sviluppo industriale e tecnologico nel nostro paese è raccontato sin dal suo nascere, con i primi vagiti della Fiat, fino alla prima grande crisi energetica del 1973. Come siamo arrivati ai giorni nostri con un pianeta sull’orlo del collasso e un’economia che non tiene alcun conto dei bisogni dell’individuo? A questa grande domanda, il regista torinese risponde con le immagini raccolte nell’Archivio Nazionale del Cinema d’impresa di Ivrea, diretto da Sergio Toffietti. Il viaggio inizia da lontano con le immagini di Mussolini che, nel maggio del 1932, arriva agli stabilimenti della Fiat e sale sul palco insieme con alcuni gerarchi. La folla grida e agita fazzoletti. Il senatore Giovanni Agnelli tiene un discorso in cui introduce il Duce; è suo il merito di dare lavoro agli italiani e di sostenere la guerra.

Inneggia al mito del progresso e della velocità anche Marinetti, l’inventore del Futurismo che contrappone al passato la moderna civiltà della macchina. Il futuro è tutto nella velocità e quindi anche negli aerei usati durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo concetto di “Bellezza meccanica” è tutto raccolto nell’immagine della macchina Fiat in corsa.

Un ruolo essenziale per il mondo nuovo è quello dell’elettricità. Sulla scia di Marinetti, anche Majakovskij, il profeta russo del futurismo, esalta l’elettricità. Molti anni dopo, Marshall McLuan parlerà di era e di uomo elettrico, da cui sarebbe nato il villaggio globale. Il progresso diventa quel motore che nel “Pianeta acciaio” di Emilio Marsili del 1964, porta alla distruzione degli ulivi per costruire gli stabilimenti dell’Italsider.

Ruspe definite “Orribili dinosauri di metallo” da Buzzati spazzano via secoli di natura incontaminata. Da qui verrà poi “Mamma Fiat”, diretta da Valletta, con eserciti di ex contadini che arrivati dal sud trasformandosi in operai. I loro gesti diventano meccanici, la loro divisa è una tuta blu.

È la nascita della società dei consumi. Si lavora per comprare di tutto, dalla lambretta alla macchina. Si va tutti insieme al mare ad agosto e ci s’illude di essere felici. Forse lo si è veramente solo nel ‘pianeta’ creato, prima a Ivrea poi a Pozzuoli, dall’ingegner Olivetti. La sua è una fabbrica a misura d’uomo, con biblioteche e psicologi per i dipendenti. Nelle ‘isole’, come si chiamavano qui i reparti, l’uomo non è robotico e si lavora con musica classica di sottofondo. Veloce, come lo avrebbe voluto Marinetti, il progresso corre e si mangia tutto quello che trova davanti. L’individuo oramai è solo un consumatore e il pianeta si distrugge.

Pasolini lancia un urlo lancinante su quello che sta succedendo che resta inascoltato. Nel 1973 arriva la prima grande crisi petrolifera e il film di Ferrario si chiude con l’inizio della fine.

“La zuppa del demonio” è un documento imperdibile per tutti coloro che devono affrontare il futuro e vogliono comprendere il passato. Decisamente un film da non perdere.

Ivana Faranda

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