Eco Del Cinema

La religiosa – Recensione

Un desiderio di libertà tra veli neri tutti uguali

(La religieuse) Regia: Guillaume Nicloux – Cast: Pauline Etienne, Isabelle Huppert, Louise Bourgoin, Martina Gedeck, Françoise Lebrun – Genere: Drammatico, colore, 114 minuti – Produzione: Belgio, Germania, Francia, 2013 – Distribuzione: Officine Ubu – Data di uscita: 27 giugno 2013.

la_religiosa_poster_itaÈ nella seconda metà del 1700, in una Francia in cui il potere patriarcale è ancora totalizzante e in cui alle donne non è lasciato il minimo arbitrio, che si ambienta la lotta di una giovane ragazza di sedici anni alla quale è stato imposto di prendere i voti e passare la propria esistenza chiusa in un convento. Il suo nome è Suzanne Simonin.

Più che un film sulla prigionia, quello che vediamo sullo schermo è un continuo slancio verso la libertà. Non si può costringere una persona ad essere quello che non è, e una volta che lo si prova a fare si vedrà emergere il coraggio di evadere o la morte stessa. Suzanne sceglie di lottare e con grande intelligenza di resistere fino al momento, così desiderato, di riuscire a chiudersi la pesante porta della comunità religiosa dietro di sé. Una comunità che sente lontana e che sa perfettamente e con grande giudizio non appartenergli fin dall’inizio. La trama è sottile. Non si tratta della storia di una ribelle che nulla ha a che fare col mondo della chiesa e che cerca una via di fuga, ma di una giovane donna che possiede una fede molto forte, pura, tangibile, e che proprio in virtù di questa non è capace di mentire e affermare di avere una profonda vocazione.

Sono tre le madri superiori che Suzanne incontra sulla sua strada e tutte e tre, anche se in modo completamente diverso tentano di dissuaderla dal suo intento di rinunciare ai voti: la paziente e generosa Madame de Moni, che la accoglie come se fosse una figlia; la sadica e crudele Suor Christine che la porterà all’estremo limite di sopportazione umiliandola e punendola in tutti i modi possibili, e infine, trasferita in un altro monastero la ragazza conoscerà un’altra madre superiora che svilupperà nei suoi confronti una morbosa attrazione. È proprio a Isabelle Huppert che dobbiamo la straordinaria interpretazione di quest’ultima.

Quello che è descritto in un’atmosfera pervasa da legno massiccio, ori e incensi, è il tormento interiore di una giovane donna che s’interroga sulla sua vita, sui suoi desideri e sulla sua fede. Un’interpretazione piena di bellezza quella di Pauline Etienne che fa emergere il grande senso di onestà che la protagonista ricerca durante tutto il suo cammino. Sono palpabili le domande che si pone anche nei lunghi silenzi, cui dà voce attraverso uno sguardo sempre lucido e riflessivo, seppur molto spesso triste.

La regia è puntuale, vivida, e ricca di dettagli, tanto che molte scene sono addirittura girate con la telecamera a mano e questo restituisce molto realismo. Lo stesso realismo ce lo danno le scenografie, curate e impreziosite sequenza dopo sequenza, e i costumi. Rimane una pellicola estremamente coinvolgente, non solo perché dal punto di vista emotivo lo spettatore è subito alleato con la protagonista e vive con lei la sua angoscia, a tratti claustrofobica, ma anche dal lato tecnico: il succedersi delle riprese, dei continui primi piani, e dell’attenzione che il regista pone, persino sulle micro espressioni di tutti gli attori è, in un certo senso, quasi stancante, ma d’altro canto non permette distrazioni. E la fotografia nitida, senza visibili accenni di artifici cattura in pochi minuti.

Sotto le assi di un pavimento Suzanne nasconde la propria libertà, quel piccolo pezzetto di libertà che nessuno può toglierle: la sua memoria.

Guillaume Nicloux riporta, nel suo adattamento de “La religieuse” di Denise Diderot, un’espressione di forza, coraggio e intelligenza, raccontando al tempo stesso una storia che riesce a tenere sulle spine lo spettatore fino ai titoli di coda.

Paola Rulli

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