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La danza della realtà – Recensione

“La danza della realtà” di Alejandro Jodorowsky, un atto poetico sublime

(La danza de la realidad) Regia: Alejandro Jodorowsky – Cast: Alejandro Jodorowsky, Brontis Jodorowsky, Axel Jodorowsky, Adan Jodorowsky, Pamela Flores – Genere: Biografia, colore, 130 minuti – Produzione: Cile, 2013 – Distribuzione: Garabondo Arte in movimento – Data di uscita: 30 ottobre 2014.

la-danza-della-realtaC’è tutto l’universo onirico di Alejandro Jodorwsky nel suo ultimo film “La danza della realtà”, tratto dal libro omonimo e dall’altro suo lavoro “Il figlio del giovedì nero”. L’inventore della psicomagia, pratica che cura le ferite psicologiche dell’essere umano con atti magici, torna al cinema dopo il suo film più mainstream del 1990 “Il ladro dell’Arcobaleno”, da lui considerato un vero fallimento.

Con un intento in parte autobiografico, il regista cileno colpisce lo spettatore nel suo inconscio più profondo. Al centro della storia il rapporto del bambino Alejandro con il padre, uomo duro e inflessibile, e con la madre, sopraffatta dal marito. Il tutto in chiave rovesciata, perché siamo in piena poesia, come si addice all’autore. Lui stesso fa una specie di auto-guarigione, mettendo in scena la sua infanzia nel piccolo villaggio di Tocopilla in Cile. Così la madre del film diventa una cantante lirica, come lei stessa avrebbe voluto, e il padre un eroico combattente che cerca di uccidere il dittatore Ibanez.

Il maestro assoluto del cinema neorealista-anarchico-fantastico dirige un’opera barocca dai colori vivaci, eppure perfettamente calibrata. Tutto ciò che sembra fantastico è reale, dai nani agli ex minatori mutilati dalla dinamite, entrambi realmente esistiti a Tocovilla negli anni ‘30.

In questo microcosmo magico cresce il piccolo Alejandro, che la madre crede reincarnazione di suo padre.

Qualcuno ha paragonato quest’opera a “Amarcord” di Federico Fellini, regista amato da Jodorowsky; in parte può essere vero ma c’è molto di più. L’opera è piena di simboli e archetipi, di figure mitologiche. Lo stesso autore, oramai ottantacinquenne, appare accanto al suo alter ego infantile interpretato da un perfetto Jeremias Herskovit, come una sorta di Angelo custode.

Film girato in famiglia: il padre Jaime è uno dei suoi figli, Brontis, e appaiono nel cast anche Adan/l’anarchico e Cristobal/il teosofo. La stessa madre, dai seni imponenti di felliniana memoria è molto simile alla vera figura materna e qui ha le fattezze e la voce della cantante lirica Pamela Flores.

Il padre ritornato folle a casa dopo essere stato sottoposto a torture ricorda molto Dennis Lavant di “Holy Motors” di Leos Carax.

Quando il piccolo Alejandro, ormai cresciuto, lascia il villaggio su una barca circondata dalla nebbia con il regista accanto, si capisce che questo non era solo cinema ma un vero e proprio atto di psicomagia che vuole curare le ferite dell’anima dell’uomo contemporaneo.

”La danza della realtà”, come è sempre stato per le opere di Jodorowsky, non è un film per tutti, ma ha il pregio di pescare nell’animo umano per chi lo sa guardare.

Ivana Faranda

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