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La bottega dei suicidi – Recensione

Un cartone animato satirico ben riuscito che attraverso la rappresentazione della morte vuole ricordare la bellezza della vita

(Le Magasin des Suicides) Regista: Patrice Leconte – Cast: Bernard Alane, Isabelle Spade, Isabelle Giami, Kacey Mottet Klein, Pierre-Francois Martin-Laval – Genere: Animazione, colore, 79 minuti – Produzione: Videa – Distribuzione: CDE – Data di uscita: 28 dicembre 2012.

labottegadeisuicidiTratto dall’omonimo romanzo di Jean Teulè, “La bottega dei suicidi” è l’ennesima dimostrazione della voglia di sperimentare che sta caratterizzando il cinema francese degli ultimi anni.

Il regista Patrice Leconte infatti sceglie in questo caso due aspetti all’apparenza totalmente opposti come il tema tetro del suicidio e la tecnica vivace dell’animazione. In realtà mai mix fu più appropriato: come ci ha già dimostrato Tim Burton nei suoi splendidi “Nightmare before Christmas” e “La sposa cadavere”, il tema della morte utilizzato per mandare un messaggio di vita è ancora più efficace quando si ha la possibilità di universalizzare la storia attraverso il magico mondo dei cartoni animati.

Patrice Leconte porta sullo schermo la famiglia Tuvache composta da papà Mishima, mamma Lucrece e i due figli Marylin e Vincent. I quattro vivono in una città francese non ben definita in un futuro fuori dal tempo in cui la gente ha perso la voglia di vivere ed i suicidi sono pratica diffusa ed abituale: non c’è da stupirsi dunque se gli affari per la bottega della famiglia Tuvache, che vende tutto l’occorrente per suicidarsi secondo il proprio gusto (dal veleno al pugnale, dal cappio per il collo alla lametta per le vene e chi più ne ha più ne metta), vadano così bene.

La vita dei quattro familiari scorre serena e monotona fin quando Lucrece partorisce il terzogenito della coppia: Alan, un bambino che sorride felice fin dai primi giorni della sua esistenza, e che all’età di 8-9 anni ha voglia di cambiare la sua famiglia e la città intera ricordando alle persone quanto la vita possa essere felice.

“La bottega dei suicidi” è un prodotto di alto artigianato che, con grande ironia, porta sullo schermo una storia che, girata in tradizionale live-action, sarebbe probabilmente risultata surreale. L’animazione 2D riesce invece a far godere in toto questa storia perché qui i voluti eccessi sono accettati con un sorriso dal momento che il dinamismo del cinema d’animazione giustifica tutto.

Il paragone con i successi di Tim Burton viene spontaneo, ma al di là del tema della morte e delle ambientazioni cupe, il debutto di Patrice Leconte al cinema d’animazione ha ben poco in comune con le già citate favole nere del regista americano. “La bottega dei suicidi”, infatti, pur mantenendo per tutta la sua durata un registro infantile tipico del classico cartone animato (vedi i numerosi pezzi musicali, così come le buffe caricature della famiglia Tuvache), è decisamente più adulto di “Nightmare Before Christmas”. Prima di tutto perché il concetto di base è quello, ben lontano (almeno si spera) ai bambini, del suicidio visto come liberazione da una vita triste, dolorosa, che porta solo sofferenza; in secondo luogo le cause della situazione di questa cittadina, lo dice la stessa canzone d’apertura, sono “la crisi e il carovita”, il che dona al film quella connotazione satirica che soltanto l’adulto può comprendere.

Se aggiungiamo anche la scena di nudo presente, non è così difficile capire perché il film ha inizialmente portato la censura italiana a porre il divieto di visione ai minori di 18 anni. Censura certo esagerata e che, difatti, è stata rapidamente revocata, ma fatto sta che, se gli adolescenti non avranno alcun problema a seguire ed apprezzare il film, la visione di “La bottega dei suicidi” non risulta propriamente adatta ad i bambini più piccoli.

Un film invece consigliato agli adulti, non solo per la facilità con cui la storia si segue, ma anche per la scelta di portare la satira al cinema d’animazione, dimostrando con intelligenza quanto questa tecnica dovrebbe essere usata in base alle esigenze e alle inclinazioni dei registi per qualsivoglia film, senza limitarsi a quelli la cui visione è riservata ai più piccini.

Corinna Spirito

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