Eco Del Cinema

L’atelier (2017)

Recensione

L’Atelier – Recensione: Laurent Cantet racconta una raffinata storia intorno a un laboratorio di scrittura in cui oltre a generare talento si forgiano animi umani

L'atelier cast

In Francia i centri per l’impiego lavorano già da tempo, non solo per preparare gli individui ad attività professionali ma anche per coltivare le loro anime, i loro cuori, e renderli più integrati alla società.

Olivia (Marina Fois), scrittrice di successo di romanzi gialli, conduce un laboratorio di scrittura in cui sette giovani, uomini e donne, devono elaborare una sceneggiatura che inevitabilmente prenderà i toni del romanzo criminale. Sono tutti ragazzi francesi, pur appartenendo a etnie, religioni e provenienze geografiche diverse, e non mancano tra i loro discorsi, contrasti relativi a preconcetti e pregiudizi veri o supposti che ognuno, a turno, individua in un altro del gruppo. Il più problematico è sicuramente Antoine (Matthieu Lucci), l’unico francese anche per origine familiare, simpatizzante per i gruppi di estrema destra, xenofobo, amante dei videogame violenti. Ha una condotta ribelle, provocatoria verso gli altri ragazzi e verso Olivia, con la quale svilupperà un rapporto lievemente morboso, vedendo in lei una identificazione di valori borghesi e un desiderio di integrazione degli stranieri che lui vorrebbe contrastare. Olivia da parte sua instaura un legame particolare con Antoine, in parte sedotta da alcune sue capacità creative, graffianti e dirette al punto, in parte guidata verso una mozione salvifica di colui che ha più problemi.

L’atelier: un’indagine nelle menti e nei cuori dei giovani

“L’Atelier” è un film veramente ben raccontato, Cantet insieme a Robin Campillo ha realizzato un’ottima sceneggiatura in cui tutto è molto realistico. È una storia minimalista, ma non minimalisti sono per il regista i moti dell’animo dei giovani protagonisti, che sapientemente scruta, ponendo sul set molteplici videocamere, che riprendono i volti durante i dialoghi che si svolgono intorno al tavolo. Si tratta di un’osservazione sistemica, ma non fredda, un’indagine nelle menti e nei cuori dei giovani d’oggi che sembra indispensabile se veramente si vuole capire come gestire un mondo in rapida evoluzione.

I giovani sono proprio l’indicatore di come il mondo stia cambiando, percepiscono le nuove tendenze più velocemente e vivono sulla loro pelle i disagi sociali, le difficoltà di integrazione e l’affanno della ricerca di un posto di lavoro. Già con il suo “Risorse Umane”, Cantet aveva indagato queste dinamiche, su come la realtà lavorativa si rifletta sulla sfera privata dell’individuo, con “L’Atelier” il cineasta fa un passo indietro, mette in scena la formazione al lavoro, che in questo caso coincide esattamente con la formazione dell’individuo. Nel laboratorio, i ragazzi devono far emergere la loro creatività e le loro capacità di scrittura, ma il dialogo tra di loro, i loro confronti e scontri, li portano a ben altri traguardi: ad esprimersi liberamente, a superare le paure del giudizio altrui e le sensazioni di inadeguatezza, a scambiarsi delle idee, a creare un gruppo sociale, ad integrarsi e ad amare il prossimo.

L’Atelier: un film riuscito sotto tutti i punti di vista

L'atelier review

Un’ottima idea è stata quella di ambientare le vicende della storia a La Ciotat, città portuale della Costa Azzurra che fino agli anni ’80 ospitava un attivo cantiere navale che dava occupazione a migliaia di uomini. Con la sua chiusura, e gli inevitabili licenziamenti, si crearono disagi sociali e oggi edifici fatiscenti e scheletri di enormi gru fanno da sfondo a nuove banchine che offrono ricovero a yacht milionari di nuove élite che occupano ville eleganti sulle calanques. È in una di queste ville che Olivia riceve il suo gruppo di studenti, non senza qualche sottile critica da parte loro, che sottovalutano all’inizio il suo impegno umanitario. Ed è sulle calanques che Olivia e Antoine si recano per bagnarsi nel mare azzurro, incontrandosi casualmente in alcune scene del film.
È nella stazione ferroviaria de La Ciotat che i fratelli Lumiere girarono la scena dell’arrivo del treno, che tanto spaventò i primi spettatori dell’epoca e Cantet non poteva farsi mancare la citazione.

Marina Fois recita in maniera impeccabile la parte di Olivia Dejazet, motivata dal solo desiderio di aiutare la società in cui vive. Ha un buon metodo nel condurre il suo laboratorio, ascolta i suoi ragazzi con estrema sensibilità, li guida, li sprona, cerca di liberarli dai loro preconcetti e dalle loro paure, esercita una forma di distacco dalle loro provocazioni, ma esprime al meglio e in maniera sottile il suo coinvolgimento nelle loro vicende umane e i suoi sentimenti quando viene toccata su alcuni suoi temi personali, come l’appartenenza a una società borghese e uno stile letterario che si discosta dal linguaggio comune. I sette allievi, interpretati tutti da giovani attori alla prima esperienza recitativa, ben diretti, donano delle performance veramente significative e sempre credibili.

Grande tocco umanistico, grande regia, grandi capacità recitative per un film che scorre senza noia per quasi due ore, mostrando soltanto realtà sociali ma soprattutto umane, descrivendo in maniera esemplare alcuni progetti di integrazione nel mondo del lavoro che diversi paesi europei hanno già intrapreso e che ci si auspica possano svilupparsi anche nel nostro.

Marco Marchetti

Trama

  • Regia: Laurent Cantet
  • Cast: Marina Foïs, Matthieu Lucci, Florian Beaujean, Franck Libert, Axel Caillet, Patrick Albenque, François Cottrelle, Lény Sellam, Youcef Agal, Charlie Balde
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 114 minuti
  • Produzione: Francia, 2017
  • Distribuzione: Teodora Film
  • Data di uscita: 7 giugno 2018

l-atelier-2018

 

Antoine decide di prendere parte ad un workshop d’estate: il compito di ogni partecipante è quello di scrivere un breve racconto thriller. Assistente dei giovani è Olivia, una scrittrice molto nota. Durante questo progetto, i riferimenti al passato della città di La Ciotat sono molti. Antoine, però, non si mostra particolarmente affine all’argomento…

L’atelier: la Francia di Laurent Cantet

“L’atelier” è diretto da Laurent Cantet, apprezzato regista del film “La classe – Entre les murs“, premiato alla 61° edizione del Festival di Cannes con la Palma d’oro e candidato ai premi Oscar dello stesso anno. In merito al lungometraggio, Cantet dichiarò: “Desideravo mostrare la scuola in tutta la sua complessità contemporanea: i ragazzi non imparano nulla e i professori non sono sempre certi che ciò che fanno sia giusto”.

Anche in “L’atelier”, il regista decide di mostrare il difficile ruolo di educatore, che ricopre in parte il personaggio di Olivia (interpretata dall’attrice Marina Foïs, nota per “L’immortale“, “Amore facciamo scambio?”, “Scatti rubati”, “Polisse“, “Maman”, “Pericle il nero“). Stavolta, però, la situazione è molto diversa poiché i protagonisti della storia prendono spontaneamente parte all’apprendimento.

In occasione del Rendez-vouz 2018, Cantet ha affermato che l’idea è nata circa 20 anni fa, in occasione della chiusura dei cantieri navali nella città in cui è ambientata la storia. Ha inoltre aggiunto: “Mi affascinava l’idea del dispositivo del laboratorio di scrittura, il fatto di ascoltare gli altri, di scambiarsi le idee, di crescere insieme, evolvere e cambiare idea. Anni fa,  dopo il Bataclan, ho sentito il bisogno di dare la parola ai giovani per capire come si rapportavano con questo mondo difficile e violento”.

La pellicola ha aperto il Filmmaker di Milano 2017 e “L’atelier” ed è stata presentata al Festival di Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard.

Trailer

 

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