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In nome di mia figlia

Recensione

In nome di mia figlia – Recensione: il ritratto struggente di un uomo che ha passato trent’anni della sua vita a cercare giustizia per la morte di sua figlia

In nome di mia figlia 1

Con “In nome di mia figlia” Vincent Garenq porta sullo schermo una storia vera, che per anni ha riempito le pagine dei quotidiani francesi, stiamo parlando del racconto della perseveranza di un uomo che non si rassegna ad accettare che la morte della giovane figlia rimanga impunita.

Il regista porta sul grande schermo la storia di André Bamberski, che nel 1982 perde sua figlia Kalinka in circostanze sospette, durante una vacanza in Germania, ospite di sua madre e del patrigno, e da allora si dedica anima e corpo a far luce sulla morte della ragazza. E’ una battaglia che l’uomo combatte da solo, incontrando l’ostilità della moglie e delle autorità tedesche, che fanno pressione anche su quelle francesi.

In nome di mia figlia: quando la realtà supera l’immaginazione, mostrando che al male non c’è mai fine, così come all’indifferenza delle istituzioni, che lasciano il povero André da solo, a combattere una guerra che assorbirà ogni sua energia

Daniel Auteil è uno strepitoso Bamberski, cui dà fattezze e anima; il suo volto mostra i segni del dolore indicibile di chi ha perso chi ama, e se è vero che nessun genitore vorrebbe sopravvivere ai propri figli, André sublima il dolore della perdita continuando a vivere in funzione di Kalinka, cui sente di dover giustizia, alienandosi in questa sua lotta da tutti gli altri interessi.

Il film di Garenq attinge a piene mani dal libro scritto dallo stesso protagonista, non è un legal, o una denuncia sui sentieri tortuosi della mala-giustizia, con le sue connivenze e i suoi favoritismi, bensì il ritratto profondo di un essere umano, della sua ostinazione, della sua determinazione, del suo pudore.

In nome di mia figlia: una storia di minori abusati quanto mai attuale, raccontata con delicatezza

Garenq, decide di allinearsi col pudore del protagonista, costruendo una pellicola che mai indugia sul male raccontato, mostrando le vicende in modo asciutto, con un realismo spiazzante. La pellicola inizia chiarendo che si tratta di una storia vera, per cui per lo spettatore è impossibile attenuare la sofferenza pensando che in fondo si tratta di finzione cinematografica. Il ritmo è inarrestabile, le vicende non conoscono pause, la tensione creata dal regista è elevata, e lo sgomento non può non avvolgere lo spettatore inerme.

La sopraffazione dei più deboli è un tema purtroppo sempre attuale anche nel nostro paese, quanto l’incertezza della pena per chi compie reati, in quanto a giustizia che latita poi non siamo secondi a nessuno, anche per questo la pellicola di Garenq è spiazzante, coinvolge cuore e mente dello spettatore, che ne viene travolto emotivamente ed intellettivamente.

Se l’interpretazioni di Auteil è immensa, una delle migliori in carriera, decisamente intensa è quella di Sebastian Koch, che veste i panni del dottor Krombach.
Il cinema francese ha mostrato in questi ultimi anni una vitalità prorompente, il film di Garenq ne è un fulgido esempio.

Maria Grazia Bosu

Trama

  • Titolo originale: Au nom de ma fille
  • Regia: Vincent Garenq
  • Cast: Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie-Josée Croze, Christelle Cornil, Lila-Rose Gilberti, Emma Besson, Christian Kmiotek, Serge Feuillard, Fred Personne, Thérèse Roussel
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 87 minuti
  • Produzione: Francia, 2016
  • Distribuzione: Good Film
  • Data di uscita: 9 Giugno 2016

In nome di mia figlia“In nome di mia figlia” vede alla regia Vincent Garenq e presenta in forma cinematografica il caso ‘Kalinka Bamberski’ del 1982, una storia realmente accaduta. Siamo nel 1982 e Kalinka Bamberski muore mentre si trova in Germania con sua madre e con il suo patrigno; le circostanze della morte della ragazza, di soli quattordici anni, sembrano sospette agli occhi del padre André Bamberski, il quale spinge le autorità ad aprire un’indagine: sarà così che i primi sospetti si concentreranno sulla figura del patrigno della ragazza, il dottor Dieter Krombach.

Nessuna prova però convince le autorità ad aprire un processo giudiziario, così André decide di far passare il caso in mano alle autorità francesi per ottenere giustizia per sua figlia.
Quando il caso è stato chiuso e l’estradizione in Francia negata, Krombach è stato processato in absentia in Francia e condannato per omicidio colposo nel 1995 con una sentenza poi annullata per motivi procedurali. Nel 2009 nuovi avvenimenti hanno fatto sì che l’uomo fosse condannato a 15 anni di galera.

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