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Il grande Gatsby – Recensione

Grandiosa trasposizione del classico della letteratura americana, “Il grande Gatsby” rapisce grazie a musiche, scenografia, fotografia e regia da urlo

(The Great Gatsby) Regia: Baz Luhrmann – Cast: Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Jason Clarke, Isla Fisher – Genere: Drammatico, colore, 143 minuti – Produzione: Australia, 2013 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 16 maggio 2013.

gatsbyFilm d’apertura alla 66esima edizione del Festival di Cannes, la trasposizione cinematografica del classico della letteratura americana “Il grande Gatsby” ha diviso la critica. Noi siamo tra quelli (la minoranza, a quanto pare) che lo hanno largamente apprezzato.

Se nel 1974 Jack Clayton aveva egregiamente portato sul grande schermo il romanzo seguendolo quasi alla lettera pagina per pagina, a Baz Luhrmann va riconosciuto il merito di essere riuscito a restare più che fedele al testo di Francis Scott Fitzgerald pur cimentandosi in quell’opera di rimodernizzazione ed interpretazione che dopo “Romeo + Giulietta” e “Moulin Rouge” è diventata il suo marchio di fabbrica.

Proprio come nel musical capolavoro del 2001, le vicende ci vengono raccontate dalla macchina da scrivere di uno dei protagonisti, Nick Carraway, narratore anche nello stesso romanzo. Con una suggestiva sovrapposizione tra immagini, voce e frasi scritte a penna, Luhrmann lascia a Nick il compito di raccontare la storia di Jay Gatsby, l’enigmatico miliardario che abita l’imponente villa al di là del suo giardino. Con lui stringerà un’amicizia che nell’estate del 1922 lo catapulterà in una New York di luci, musica, alcool, sesso facile e amori impossibili, cambiandolo per sempre.

Proprio come il romanzo di Fitzgerald, la pellicola vuole rapire, non tanto tramite quella sequenzialità di avvenimenti che dà forma alla trama, bensì attraverso personaggi indecifrabili, misteriosi, affascinanti, catapultati nel magico ed inebriante mondo delle feste colossali e della società borghese. Difficile dunque immaginare uno stile più adatto di quello dei colori sgargianti e della musica a tutto volume di Baz Luhrmann.

Chi non ha amato gli spettacoli di Nicole Kidman nella Parigi della Belle Epoque sulle note di Christina Aguilera, sicuramente storcerà il naso anche durate la visione di “Il grande Gatsby” di fronte alla scelta di rinunciare al jazz in favore del pop di Jay-Z. Un vero peccato perché, in realtà, l’ambiente creato dalla commistione tra scenografia, costumi, luci e colonna sonora è una perfetta messa in scena di quelle feste di cui parla Fitzgerald che sembrano portare gli invitati in un’altra dimensione.

Proprio come nel 1996 scelse di dare voce ai versi di Shakespeare nell’America contemporanea, così oggi Luhrmann dà un volto da nuovo millennio a “Il grande Gatsby” senza per questo stravolgere anche nel minimo dettaglio l’omonimo romanzo. Il concetto di speranza è forte e sentito all’interno della pellicola, completamente ed esclusivamente rappresentato dal personaggio di Jay Gatsby, eccezione singolare e difficilmente comprensibile di tenacia, testardaggine e fede in un mondo di superficialità, soldi e falsi sorrisi.

Leonardo DiCaprio supera con il massimo dei voti il difficile confronto con l’affascinante e calatissimo Robert Redford del 1974, regalandoci un’ interpretazione di Gatsby perfetta. L’attore, già Romeo per Luhrmann, calza a pennello i costosissimi completi del protagonista grazie ad un’eleganza invidiabile che però cela insicurezza, ansietà e sofferenza. Meno memorabile Carey Mulligan nel ruolo di Daisy, oggetto dell’amore di Gatsby; mentre Tobey Maguire è qui nel ruolo che più gli si addice tra tutti quelli interpretati nella sua carriera. Complice sarà probabilmente stata l’amicizia storica, fin dai tempi dell’infanzia, tra Tobey Maguire e Leonardo DiCaprio, fatto sta che la chimica tra i due è tangibile e Jay Gatsby e Nick Carraway ci sembrano più umani che mai.

Il 3D non è indispensabile, ma aiuta a gustare la regia dinamica del regista australiano che sembra voler prendere la mano allo spettatore ed accompagnarlo fisicamente alla scoperta delle lussuose camere della residenza Gatsby o nelle vie frenetica della New York di quasi un secolo fa.

Insomma con “Il grande Gatsby” Baz Luhrmann si conferma autore con la “A” maiuscola, quello capace di differenziarsi, di dare un tocco personale e riconoscibile alle proprie opere, di portare una ventata di modernità a un classico della letteratura degli anni ’20 di modo che possa essere apprezzato e sentito pienamente dalle nuove generazioni senza per questo scalfirlo minimamente.

Corinna Spirito

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