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Il Dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba – Recensione

Feroce satira all’epoca della Guerra Fredda che si avvale della geniale collaborazione tra Stanley Kubrick e il poliedrico Peter Sellers nei panni del folle Stranamore

(Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb ) Regia: Stanley Kubrick – Cast: Peter Sellers, George C. Scott, Sterling Hayden, Keenan Wynn, Slim Pickens, Peter Bull, Tracy Reed, James Earl Jones, Jack Creley, Frank Berry, Glenn Beck, Shane Rimmer, Paul Tamarin, – Genere: Commedia, b/n, 93 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 1964.

ildottorstranamoreLa crisi dei missili, che nel 1962 aveva portato gli Stati Uniti sull’orlo del conflitto nucleare con l’Unione Sovietica, fu per moltissimi americani il brusco risveglio da un ottimistico sogno di tranquillità coltivato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’inquietudine e la ribellione erano montanti e stavano per dare la stura a un decennio di controcultura e contestazione. Il sensibile e intellettuale Stanley Kubrick, appena assurto al successo internazionale per “Lolita” (1962), decide di affrontare di petto il tema dell’olocausto nucleare, acquistando i diritti di “Red Alert”, un libro che denuncia la possibilità di una guerra atomica scatenata per errore.

Ben presto però, il regista si rende conto che il taglio più efficace per adattare il romanzo è trasformarlo in una feroce satira antimilitarista che sveli al pubblico l’implicita assurdità del cosiddetto “equilibrio del terrore”.

La magistrale messa in scena di Kubrick trova il suo punto di forza nell’alleanza con un istrionico Peter Sellers che, al massimo delle sue possibilità comiche, si scatena in ben tre ruoli: il Capitano Mandrake, smarrito ufficiale della RAF, il mite e inetto presidente Muffley e soprattutto il folle scienziato paranoico Stranamore, il cui ridicolo accento tedesco e il braccio teso in involontari saluti hitleriani rivelano un passato nazista non proprio rassicurante.

Ma è impossibile non osservare l’abilità del regista nell’animare un cast a orologeria nel quale spiccano le eccellenti performance di George C. Scott, nel ruolo dell’esagitato bombarolo Turgidson e di Sterling Hayden nella parte dello psicotico Generale Jack D. Ripper, deciso a distruggere i Sovietici che lo rendono impotente avvelenando l’acqua del rubinetto.

Le accuratissime scenografie di Ken Adam, che aveva già lavorato sul set dei primi James Bond, aggiungono un tocco di inquietante realismo agli sfondi contro i quali si agitano i grotteschi e inconcludenti guerrafondai in uniforme. Lo sguardo visionario di Kubrick produce un flusso di immagini ormai passate all’immaginario collettivo: dal pilota texano che cavalca un missile nucleare come al rodeo, all’improvviso miracolo che fa balzare in piedi il paralitico Stranamore, eccitato al pensiero della carneficina, alle atomiche che esplodono al suadente ritmo di “We’ll meet again” di Vera Lynn.

Fra ripicche infantili, ossessione con sesso e alcol e paranoie adolescenziali, la distruzione del mondo è assicurata, ma non prima di aver smascherato la stupidità intrinseca della guerra fredda, l’ipocrisia dei politici e la drammatica primitività dell’essere umano.

Tiziano Filipponi

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