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Il contagio

Recensione

Il contagio – Recensione: ritratto della vita di periferia

Il contagio recensione

Periferia di Roma. Una palazzina e le sue famiglie sono i protagonisti di questo dramma corale in cui si consuma un’ardente gara per il titolo di “chi sta peggio”: una donna maltrattata dal marito, una coppia in crisi a causa del marito cocainomane e della sua relazione con un altro uomo, un bamboccione ladruncolo che vive con la madre, una nuova coppia di vicini che collabora con la criminalità organizzata.

“Il contagio” di Botrugno e Coluccini segue l’intrecciarsi di queste storie, le condizioni e le frustrazioni di chi vorrebbe vivere la vita del vicino di casa. La quotidianità di questi personaggi è il fulcro del film e lo capiamo fin dalla prima sequenza, in cui il movimento della macchina da presa ci permette di addentrarci nei piccoli appartamenti, di spiarli dall’interno e poi pian piano tornare indietro, allargando il campo e mostrando come la più minuscola storia ne rappresenta molte altre.

Ai numerosi primi piani dei personaggi, quasi sempre sofferenti o arrabbiati, seguono riprese al ralenti accompagnate dalle poesie di Vincenzo Salemme, quasi a voler dare alla scena un’aura di sacralità. Risulta, però, l’ennesimo espediente per caricare “Il contagio” sempre più di drammaticità, enfatizzata già dalle numerose scene di struggimento dei personaggi.

Il contagio: la strada verso l’abisso (e non solo dei personaggi)

Giunti a metà della pellicola, la cifra narrativa cambia. Non è più la palazzina il centro della storia, ma uno dei suoi inquilini, che si è trasferito nella facoltosa zona Prati di Roma grazie alle sue attività con la criminalità organizzata. Sebbene la sua esistenza sia migliorata dal punto di vista economico, l’uomo appare insoddisfatto, consumato sempre più dall’uso di droghe e dall’arrivo di un vecchio amico con il quale ha condiviso quegli anni nella palazzina. Dalla periferia a una delle zone più ricche di Roma, “Il contagio” fa un ritratto della parabola discendente di chi, desideroso di fuggire da quella triste realtà, non è giunto a nient’altro che al decadimento.

La pellicola, però, non riesce a trasmettere quella carica emotiva fortemente voluta dalla messa in scena; non bastano nemmeno le interpretazioni di Anna Foglietta, di Vincenzo Salemme e di Vinicio Marchioni a salvare “Il contagio”, il cui intento iniziale di raccontare verosimilmente la vita della periferia romana si trasforma in una poetica pretenziosa.

 

Silvia D’Ambrosio

 

Trama

  • Regia: Matteo Botrugno, Daniele Coluccini
  • Cast: Vincenzo Salemme, Vinicio Marchioni, Anna Foglietta, Giulia Bevilacqua, Maurizio Tesei, Nuccio Siano, Carmen Giardina
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 105 minuti
  • Produzione: Italia 2017
  • Distribuzione: Notorious Pictures
  • Data di uscita: 28 settembre 2017

Il contagio locandina“Il contagio” è un film diretto a quattro mani dai registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, nonché un’opera tutta italiana che può vantare nel cast la presenza di straordinari artisti del nostro Paese, tra cui l’attore e regista Vincenzo Salemme (noto al grande pubblico per pellicole come “Se mi lasci non vale”, da lui diretto e interpretato”), Vinicio Marchioni (famoso per alcune serie tv di successo, tra cui “Romanzo criminale”), Anna Foglietta (comparsa in film come “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese) e numerosi altri.

 

Il contagio: storie di criminalità dalla periferia al centro della città

Le vicende de “Il contagio” si consumano in una malmessa palazzina situata nella periferia della Capitale, dove si incontrano e si scontrano le esistenze di alcuni personaggi: Marcello e Chiara, Mauro e Simona, Valeria e Attilio, Flaminia e Bruno, e del pericoloso boss a capo della criminalità organizzata della zona, Carmine.

Nello scorrere lento delle loro vite, si mescolano inesorabilmente sentimenti d’amore e storie di lussurioso sesso a pagamento, di crimini efferati e preghiere di speranza; rappresentati attraverso un linguaggio narrativo che ha in sé sia i tratti della commedia che quelli del tragico, con lo scopo di mostrare al grande pubblico uno squarcio di vita vera, vissuta all’ombra di una grande città e ai margini della società.

“Il contagio” non risparmia l’Urbe, in questo suo viaggio in cui passa in rassegna vite e persone; mostrando – filtrato dall’attento sguardo della macchina da presa – il monumentale centro storico dove, assieme alle opere d’arte, si erigono le effigi della malavita locale, concentrate nell’immagine di una cooperativa sociale di tipo illecito che prosciuga i fondi pubblici messi a disposizione dei centri di accoglienza per extracomunitari e delle case famiglia che accolgono gli orfani, fatti conosciuti dalla cronaca come “Mafia Capitale”.

“Il contagio” è lo specchio sociale di due realtà apparentemente poste agli antipodi, quella della periferia e quella della città, che, invece, si nutrono della stessa torbida linfa vitale.

 

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