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Hellboy – Recensione

Discreta trasposizione cinematografica del fumetto di Mike Mignola su un bambino demoniaco creato per distruggere il mondo, ma allevato invece per proteggerlo

Regia: Guillermo Del Toro – Cast: Ron Perlman, John Hurt, Selma Blair, Rupert Evans, Karel Roden, Jeffrey Tambor, Doug Jones, Brian Steele, Ladislav Beran, Biddy Hodson, Corey Johnson, Kevin Trainor, Brian Caspe, James Babson, Stephen Fisher, Santiago Segura – Genere: Horror, colore, 122 minuti – Produzione: USA, 2004 – Data di uscita: 8 Aprile 2004.

hellboyFilm di Guillermo Del Toro, ispirato alla celebre e omonima saga fumettistica, ideata da Mike Mignola per la Darke Horse Comics. Avendo già girato “Blade II”, Del Toro è ritornato in campo fumettistico cercando di raffinare le tecniche scenografiche e di montaggio, ottenendo un risultato discreto che avrebbe guadagnato più punti se avesse accentuato lo spirito horror/ironico di cui è intriso il fumetto e che appassiona gli affezionati lettori da tempo e, se avesse curato maggiormente gli effetti speciali cha hanno colpito in maniera più pungente lo spettatore in film come “Hulk”, “Spiderman” o “X Man”.

La pellicola è ambientata nel 1944 in una remota isola scozzese dove, durante uno strano rituale magico chiamato Ragnarok, lo stregone Grigori Rasputin (Karel Roden) e un gruppo di nazisti creano un bambino dalle sembianze più demoniache che umane allo scopo di utilizzare un portale dimensionale presente sull’isola per risvegliare l’Ogdru Jahad (i Sette Dei del Caos), entità mostruose che sono state imprigionate e addormentate in un tempo indeterminato.

 Rasputin in verità vuole liberarle per distruggere la Terra. Il demoniaco bambino è salvato dal Dottor Broom (John Hurt) che diverrà suo mentore e grande amico e, una volta cresciuto lo recluterà al B.P.R.D, un istituto di ricerca per la difesa del paranormale dove conoscerà e imparerà a utilizzare i suoi poteri.

Qui comincia la storia di Hellboy (Ron Perlman) che combatterà dalla parte del bene, affiancato da altri mostri/creature/mutanti come Abe Sapiens (Doug Jones), un uomo-pesce di centocinquant’anni, e Liz Sherman (Selma Blair), dotata di poteri pirocinetici. Accompagnamento delle avventure di Hellboy sono le ipnotiche musiche di Marco Beltrami che ha lavorato in film dello stesso genere come “Resident Evil”, “Scream” e “Robot” e che ha quindi saputo donare un ritmo giusto e sequenziale regalando un pizzico di adrenalina in alcune scene.

Il regista però ha lasciato che le imperfezioni, le mancanze e gli errori del fumetto scivolassero sullo schermo, creando spesso un senso di smarrimento. Bisogna ricordare che nei fumetti c’è sempre un episodio successivo che fa chiarezza sui precedenti e spesso li porta al vero sviluppo. Inoltre per essere un fantahorror non ci sono scene di massacri, non c’è il sangue che invade lo schermo, non esiste l’ansia o la paura che fanno tremare in attesa di vedere una scena più tranquilla.

Il film si presenta piuttosto tranquillo e a tratti forse banale, senza il minimo sforzo di voler inserire il terrore che dovrebbero suscitare mostri dall’aspetto infernale anche se soggetti alle forze del bene. La vera natura di questi mostri dunque non è portata alle stelle, non è resa in tutta la sua profondità e non è affatto rilevante la sfera psicologica che è invece presente anzi caratterizza il fumetto.

Non è sufficiente porre sullo schermo creature dall’aspetto malefico senza accentuarne i tratti caratteristici. Si ha dunque l’impressione che tutti gli elementi che potrebbero sottolineare al massimo lo spirito della storia, siano come rinchiusi in una cassa in maniera disadorna: un ammucchiata di mostri con poteri esoterici che in realtà spaventano o divertono ben poco. Sicuramente non è il film più brutto che del Toro abbia realizzato poiché si è ribadito che il risultato è discreto, ma non sempre la trasposizione di un fumetto, che è eccezionale nel suo genere, può essere una garanzia per il grande schermo. Non tutto ciò che è scritto e disegnato su carta è più veritiero e straordinario nella realtà cinematografica.

Giusy Del Salvatore

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