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Gli abbracci spezzati – Recensione

La gelosia e il tradimento raccontati da Almodòvar in una pellicola intensa ma non originale, che appassiona senza stupire

(Los Abrazos Rotos) Regia: Pedro Almodòvar – Cast: Penélopez Cruz, Lluìs Homar, Blanca Portillo, Tamar Novas, Rubén Ochandiano, Rossy de Palma, Angela Molina, Lola Duenas, Alejo Sauras, Carmen Machi, Kiti Manver, Mariola Fuentes, Kira Mirò, Marta Aledo, Javier Coll – Genere: Drammatico, Thriller, colore, 129 minuti – Produzione: Spagna, 2009, El Deseo – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 13 novembre 2009.

abbracci-spezzatiDeve esserci qualcosa di molto sofferto nel passato di Pedro Almodovar, se, pur con gran classe, si ostina ad indagare l’animo umano nelle sue emozionalità più bieche. Che spesso danno risalto ad una luce interiore che abbaglia la vista e fa apparire tutto più delineato. Il marcio viene sempre a galla e Pedro lo purifica con la santità del suo occhio da cineasta, in questo caso da non vedente, pur espiando colpe che solo lui conosce e che tramuta in arte.

Il senso di colpa, una mala conciencia che affligge il regista iberico, trasmigrando il suo pensiero narrativo nelle menti e nei cuori dei protagonisti de “Gli abbracci spezzati”. Ovvero quell’ultimo fuggevole desiderio mai realizzato, di rimaner ad aeternum sopiti nelle braccia della propria amata/o.

Mateo, Lena, Judit ed Ernesto Martel sono i protagonisti di una storia d’amore oltraggiosa e melensa, in cui il tema dalla gelosia, del controllo e del tradimento perseverano in un quadrilatero d’interpretazioni che sono, al contempo, elevazione dello sguardo e omaggio candido al cinema classico. Proprio partendo dallo sguardo, ci accorgiamo che il racconto parte dai ricordi di Mateo, scrittore di sceneggiature il quale, divenuto cieco in seguito ad un incidente, ha perso tutto il suo passato e con esso il proprio nome: è diventato Harry Caine. Una nuova vita, rinchiusa nella prigione delle memorie, da cui il fantasma di un amore, quello per la splendida Magdalena, resuscita dalle nebbie del passato.

Viaggiando accompagnati dal racconto nel racconto, si arriva a narrare la storia di un film che, tra ragazze e valigie, aspetta da quattordici anni di esser completato. Un’esistenza al servizio della creatività, come quella dello stesso Almodovar, in cui l’autore si riscopre attento osservatore e fautore di un destino di celluloide, spiazzante, tenero, dritto allo stomaco.

“Gli abbracci spezzati” è un film intenso dall’inizio alla fine, dove ogni inquadratura regala emozioni a chi di cinema sopravvive, ma al contempo, raccontando un complicato intreccio di relazioni umane, appassiona senza stupire per originalità. In fondo le storie di Pedro le conosciamo bene, sono un balletto di anime tormentate in cerca del riscatto, meglio tardi che mai.

Simone Bracci

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