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Fuocoammare – Recensione

Fuocoammare, premiato con l’Orso D’Oro al Festival di Berlino 2016, realizza uno spaccato sulla vita a Lampedusa, terra di confine

  • Regia: Gianfranco Rosi
  • Genere: Documentario
  • Durata: 107 minuti
  • Produzione: Italia, Francia, 2016
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Data di uscita: 18 Febbraio 2016

fuocoammareCon “Fuocoammare”, vincitore dell’Orso D’Oro al Festival di Berlino 2016, Gianfranco Rosi, regista che ama raccontare microcosmi sconosciuti, usa una chiave di lettura assolutamente originale per parlare del dramma dei migranti. Il pretesto è la vita quotidiana di un ragazzino lampedusano di 12 anni, Samuele, che, nonostante il luogo in cui è nato, soffre il mal di mare e, nonostante ‘un occhio pigro’ passa il tempo a giocare con la fionda. Senza influire apparentemente in alcun modo sulla vita degli abitanti dell’isola, nel frattempo, continuano ad arrivare –seppur in numero minore – migranti in fuga dalla guerra.

In una sorta di montaggio alternato si racconta il quotidiano dei personaggi e il dramma dei migranti

C’è pudore e molta misura nella narrazione di “Fuocoammare”. Il film si apre con le facce pulite di Samuele e del suo amico alle prese con la costruzione di una fionda, seguito dalle immagini della cucina linda della signora Maria che ascolta la radio. Ma basta la voce gracchiante delle comunicazioni tra la nave della Marina e di un satellitare che chiede aiuto da un barcone per ricordarci che siamo a Lampedusa, alle porte del Mediterraneo. Si entra così nelle vite del dj Pippo, della famiglia di Samuele, che vive solo con la nonna, del pescatore anziano e del sub Franco. Last but not least, arriva Pietro Bartolo, unico medico dell’isola, che da anni assiste agli sbarchi dei migranti ed è il trait d’union tra due mondi che apparentemente non hanno nulla in comune.

Il cinema è linguaggio per immagini che, mai come in questo caso, non hanno bisogno di alcun commento. È livida la luce dell’alba che illumina il primo soccorso agli africani, riparati dalla coperta dorata che dovrebbe proteggere dal freddo. I loro sguardi sono vuoti e valgono più di mille parole, che non mancano al piccolo protagonista che pur parlando male l’italiano studia inglese a scuola. Lampedusano atipico, soffre il mal di mare e ‘si fa lo stomaco’ sul pontile con il mare in risacca. Passa dallo schermo l’odore del mare, del sugo di pesce, ma anche quello della benzina e del sudore dei migranti. La prospettiva di Rosi è assolutamente oggettiva e misurata, supportata dall’ottimo montaggio di Jacopo Quadri. Riesce nel suo intento senza urlare anche nelle immagini più crude, poche in realtà, ma di grande impatto.

Fuocoammare: un’opera misurata, senza sbavature, che lascia il segno

Alla fine della proiezione si esce con qualche sorriso per la freschezza di Samuele ma anche con commozione per le parole misurate di Bartolo, che il dramma dei migranti lo vive sulla sua pelle da anni. “Fuocoammare” conferma il talento di un regista italiano, di respiro internazionale che ha fatto conoscere, ancora una volta, la potenza del documentario.

Ivana Faranda

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