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Festa del Cinema di Roma 2017: Nanni Moretti incanta l’Auditorium

Ospite assoluto della quinta giornata della Festa del Cinema di Roma 2017, Nanni Moretti incanta il pubblico della Sala Petrassi dell’Auditorium. Un racconto del Moretti spettatore, attore, produttore e regista. Poi una confessione inedita che stupisce tutti.

Nanni Moretti: “i mestieri della mia carriera”

Nanni Moretti Festa cinema roma

Un racconto ricco e a tratti inedito quello proposto da Nanni Moretti che non si è affatto risparmiato al pubblico di affezionati presenti in sala. Accolto da applausi scroscianti Moretti ha ripercorso con l’aiuto di alcuni filmati, anche privati, la sua lunga carriera, dagli esordi ad oggi, che lo ha visto dapprima spettatore e poi attore, produttore per sé e per gli altri, regista e infine anche gestore di un Cinema.

Intervistato dal direttore della manifestazione, Antonio Monda, il percorso comincia dagli inizi, dagli anni dell’adolescenza che lo vedono avvicinarsi al cinema per la prima volta come spettatore: “Ho iniziato il mio lavoro di spettatore intorno ai 15 anni, quando sono diventato uno spettatore forte. La mattina andavo a scuola, il pomeriggio al cinema Farnese o al Mignon o al Nuovo Olimpia e la sera a giocare a pallanuoto. Vedevo i classici ma anche il cinema d’autore anni ‘60 italiano, francese, inglese e polacco (PolanskiSkolimowski). Non so come ma da spettatore a 20 anni mettevo insieme sia Carmelo Bene che i Taviani, due cinema tra i più distanti”. “Con i miei amici con cui si andava al cinema, c’erano due partiti all’epoca, quello di Antonioni e quello di Fellini, io appartenevo a quello di Fellini. Erano gli anni di un nuovo cinema d’autore. Il cinema italiano che vedevo erano i primi film di Bertolucci, di Pasolini, di Olmi, di Bellocchio, di Ferreri… Erano registi che rifiutavano il cinema ricevuto in eredità e la società ricevuta in eredità, con i loro film ognuno cercava di prefigurare un nuovo cinema e una nuova società”, conclude il regista.

Moretti: “volevo fare il regista e l’attore insieme”

Si arriva all’estate del 1972, l’anno della maturità e della presa di consapevolezza di voler fare suo il mestiere del regista e insieme dell’attore. Ricorda Moretti: “nel Settembre del 1972 (dopo la maturità) il mio amico Piero Veronese finite le vacanze mi chiese a che facoltà mi sarei iscritto e io arrossendo dissi che non avrei fatto l’università e invece avrei fatto del cinema, sia da attore che da regista. In maniera confusa pensavo e speravo che avrei fatto tutte e due. E la stessa sensazione di confusione evidentemente trasmettevo ai maestri ai quali chiedevo di fare da assistente volontario, proponendomi anche come attore qualora ci fosse stata un piccola parte disponibile”.  “Per “Il Portaborse“, ad esempio, ci sarebbero stati sicuramente attori più capaci, più bravi, più professionali però a Lucchetti venne in mente di spiazzare il pubblico e mi propose di interpretare questo ruolo”.

Rispetto al suo essere attore aggiunge: “Io non mi preparo ad un personaggio immedesimandomi, io semmai mi immedesimo nell’idea che ha il regista, cerco di capire che cosa il regista vuole raccontare attraverso il mio personaggio, poi di conseguenza lo faccio. Come spettatore, regista e attore non mi piacciono quelle performance degli attori che si identificano fino a scomparire come persone”. Poi un aneddoto: “mentre giravo “Il Portaborse” alla fine del 1990, Kieslowski mi chiamò chiedendomi di fare un ruolo in “La Doppia Vita di Veronica” e io chiaramente gli dissi di sì. Però non stavo bene in quel periodo, pensavo di avere una depressione e invece avevo un tumore. Dovetti declinare e mi dispiacque molto perché lo considero un grande regista”.

Moretti: “Ho deciso di produrre per altri, film diversi dai miei”

Nanni Moretti ripercorre la sua lunga carriera con disinvoltura, e spiega al suo pubblico come è approdato al mestiere di produttore: “30 anni fa esatti usciva il primo film che Angelo Barbagallo ed io producemmo. Ne facemmo due, uno di seguito all’altro: “Notte Italiana” di Mazzacurati e “Domani Accadrà” di Daniele Luchetti.

“Spesso i registi che diventano produttori lo diventano per poi vessare altri registi più giovani, come fece Coppola con Wenders durante la lavorazione di Hammett, così lunga che intanto Wenders fece in tempo a girare Nel Corso Del Tempo, vincere Venezia e poi tornare a finire quel film. Altre volte invece i registi diventano produttori per produrre sottogeneri della loro filmografia, oppure diventano produttori per dire: “Ci ho provato ma non c’è un vero ricambio a noialtri”. Io invece ho cominciato a fare il produttore per il piacere di lavorare con persone con cui stavo bene e per restituire la fortuna che avevo avuto da regista. Mi piaceva produrre film di altri e mi piaceva non produrre film alla ‘Moretti’, e i pochi che ho fatto infatti non ricordano i miei film”, dice. Un ruolo ricoperto con grande rispetto per il lavoro dei registi prodotti: “Ho sempre seguito la realizzazione dei film che ho prodotto, anche a distanza, ma non mi è mai piaciuto interferire come produttore nelle scelte dei registi”.

C’è spazio anche per il Moretti “giurato”, un ruolo ricoperto in diverse occasioni che commenta il regista “mi ha sempre molto divertito. Le esperienze nelle giurie dei festival sono state esperienze sempre molto piacevoli. Sono stato 2 volte a Venezia, la seconda come presidente di giuria, e 2 volte a Cannes, la seconda come presidente di giuria”. “Non ho mai ricevuto pressioni in questo ruolo, nè condizionamenti da parte della stampa o del pubblico. Non mi è mai piaciuta la necessità dell’unanimità nell’assegnazione di un premio. Sono sempre stato convinto dalla maggioranza. A Cannes non ne potevano più di me il primo anno. C’era in concorso “Il Sapore Della Ciliegia” di Abbas Kiarostami e nella riunione di giuria finale ero partito 1 contro 9, solo io lo sostenevo. Alla fine arrivammo a 5 contro 5, pari merito con il film di Shohei Imamura, “L’Anguilla “, commenta.

A questo proposito Moretti fa un regalo agli spettatori. Mostra dei video da lui girati quando era giurato nei diversi festival. Tra questi anche la clip dell’ultima riunione di Cannes di quel 1997, in cui si vedono tra gli altri Mike Leigh esausto in smoking, Tim Burton che gioca a fare James Bond con la mano a pistola, Gong Li ad osservarli perplessa ed una Mira Sorvino molto divertita.

Moretti: “la vittoria a Cannes fu inaspettata”

Poi il Moretti vincitore: “Ho vinto due premi a Cannes, entrambe le volte sono tornato a Roma aspettando una telefonata. Quando è arrivata mi hanno detto solo che dovevo tornare a Cannes, non sapevo cosa avessi vinto. Tu torni e non sai per cosa. Quando vinsi la miglior regia con “Caro Diario” non sapevo niente, quando vinsi la Palma D’Oro con “La Stanza del figlio” pure. Quella volta in particolare la cerimonia non iniziava mai per un ritardo di Laetitia Casta e preso dall’ansia sono uscito nel grande atrio del palazzo del Festival, non c’era nessuno solo io e la mia interprete. Ad un certo punto si apre una porticina e ne esce un signore con i capelli bianchi sparati verso l’alto che tira fuori una sigaretta, era David Lynch. Non credevo mi conoscesse, così gli passo accanto e lui mi dice: “Nanni un giorno o l’altro t’ammazzerò!”, ma io non sapevo niente. Sai poi se ti dicono una cosa del genere i fratelli Coen, che quell’anno erano in giuria, ti metti a ridere, se te lo dice Lynch ti fa un certo effetto”.

È a questo punto che Nanni Moretti tira fuori il cellulare sul palco, telefona alla sua sala, il Nuovo Sacher, e chiede come è andata la programmazione della serata, il terzo spettacolo di “Nico, 1988”. Chiede il numero di biglietti venduti e il tipo di pubblico: pare fosse diverso dal loro solito, sembravano musicisti, tipi della radio, gli dicono. Non manca una piccola stoccata al pubblico, “non sempre innocente” dice il regista.

Parte così un altro pezzo di storia, quella del Moretti esercente di una sala: “26 anni fa assieme a Barbagallo aprii il cinema Nuovo Sacher. Aprimmo il primo novembre con Riff Raff di Ken Loach in esclusiva. Ma il momento più bello della mia carriera da esercente però è stato quando nel 1993 programmammo Die Zweite Heimat, di Edgar Reitz. Una serie composta da 13 lungometraggi, ambientata a Monaco negli anni ‘70. C’erano i gruppi di amici venivano tutti insieme, ogni due settimane cambiavamo e mettevamo il film successivo, la domenica mattina replicavamo i precedenti per chi li aveva persi. Verso il passaggio del quinto film Reitz venne a Roma ma io non c’ero, ero a Lipari per girare Caro Diario, allora mi preparai una telefonata da fargli, mille frasi importanti per dirgli quanto lo stimavo. Riuscii a dirgli solo “Grazie” a cui lui rispose “Prego” e finì là”.

La parentesi si chiude con un corto girato dallo stesso Moretti che lo vede protagonista proprio nei panni di esercente della propria sala. Una sorta di “giornata tipo” del regista, geniale e ficcante pur nella sua brevità.

L’annuncio a sorpresa: “a vent’anni di distanza ho avuto un altro tumore”

Si arriva al momento forse più atteso, quello del Moretti regista. Il regista mostra una clip del dietro le quinte de “Il Caimano”. Si vede Margherita Buy in primo piano nella scena in cui è al telefono con il marito Silvio Orlando. È una scena drammatica e tesa, la voce di Moretti fuori campo dà le battute di Orlando e la guida nell’intenzione. Nonostante l’insistenza di Moretti, lo sfiancamento delle sue indicazioni, Margherita Buy non perde mai la tensione drammatica, rimane in lacrime o rimane arrabbiata anche se deve ripetere da capo tutto un dialogo che era arrivato al suo culmine emotivo: “Questo è il motivo per cui 15 anni fa mi sono dimesso da attore protagonista, perché non sopporto questo regista (se stesso). Ora questo regista ha scelto qualcun’altro come Silvio Orlando o Michel Piccoli“, scherza Moretti.

Poi a sorpresa, in chiusura, la proiezione di un corto di 8 minuti non ancora definitivi de l’ “Autobiografia di un Uomo Mascherato“: storia di un uomo con una grande maschera che gira per Roma e gestisce una sala cinematografica. L’uomo è lo stesso Moretti, che live ha commentato per la sala le immagini. Quella maschera è una metafora, all’uomo mascherato, dice il regista, ormai non fa più caso nessuno. Solo alla fine si scoprirà che quella maschera è la stessa che si usa per la radioterapia. L’annuncio è di quelli inattesi: “a distanza di vent’anni ho avuto un altro tumore“. Moretti alza le braccia e stringe i pugni. Il pubblico applaude.

Gianluca Panico

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