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Elvis Presley

Biografia

Elvis Presley fece innamorare generazioni di donne e ragazze con la sua voce a metà tra il Blues e il Country. Ancora oggi detiene il titolo di Re del Rock.

Elvis Presley, ‘il delinquente del Rock’n’Roll’

(Tupelo, 8 gennaio 1935 – Memphis, 16 agosto, 1977)

Elvis Presley biografiaElvis Aaron Presley nasce l’8 gennaio del 1935 in una piccola e non proprio confortevole abitazione di Tupelo (capoluogo della contea di Lee nello stato del Mississippi negli Stati Uniti) che oggi è una vera e propria meta di pellegrinaggio. La situazione economica non è delle migliori infatti il padre Vernon passa da un lavoro all’altro, mentre Gladys, la madre, svolge alcuni piccoli lavoretti per contribuire alle tante spese domestiche.

Quella di Elvis è una famiglia molto religiosa tant’è che sono assidui frequentatori della Chiesa Evangelica, luogo in cui ha un primo positivo approccio con la musica osservando i genitori che intonano canti gospel negli intermezzi musicali. Il giorno del suo ottavo compleanno gli regalano la prima chitarra con la quale inizia a cimentarsi nel genere country ma anche blues. A dieci anni lo iscrivono al “Mississippi Alabama Fair And Diary Show”, una gara per ragazzini principianti dove si piazza al secondo posto con la canzone “Old Shep”.

Nel 1948 la sua famiglia si trasferisce a Memphis nel Tennessee, dove termina gli studi presso la L.C. Humes High School (luogo in cui si esibisce suonando la chitarra) e trova lavoro come camionista presso la Crown Electric Company in modo tale da poter dare una mano al padre. Per ottenere maggiori consensi sul piano lavorativo decide di iscriversi in un scuola per elettricisti in modo da affinare le tecniche del mestiere. Inizialmente l’approccio con questa città non è del tutto positivo.

Elvis Presley, l’inizio della leggenda

Elvis è un ragazzo molto timido e fortemente vincolato alla famiglia perciò ha difficoltà a trovare nuovi amici. In realtà è il suo stesso aspetto a renderlo parecchio strano agli occhi dei suoi coetanei: Elvis conosce parecchi ragazzi di colore e grazie alla sua indole altruista non sa minimamente cosa sia il razzismo; come loro fa compere a Beale Street, nel cuore di Memphis, e il suo guardaroba è colmo di vestiti dalle tinte sgargianti e talvolta inusuali. Anche la sua pettinatura è strana poiché porta rigorosamente capelli con ciuffo lungo e ingelatinato (anche se in realtà si dovrebbe parlare di brillantina) e basettoni piuttosto lunghi.

Questa sua attinenza a non fare distinzioni di razza e a rapportarsi ugualmente con qualsiasi persona lo pone in maniera disinvolta anche di fronte alla musica che in quegli anni invece vedeva la frattura tra stazioni radio che trasmettevano esclusivamente musica bianca e quelle di musica nera. Lui ovviamente ascolta di tutto e il suo repertorio è vastissimo. Appena diciottenne ha la sua grande occasione per sfondare nel mondo della musica. Ha da poco conosciuto Sam Phillips, il titolare della Sun Records e dei Sun Studios (la più importante sala d’incisione di Memphis) che gli dice chiaramente di “essere alla ricerca di un bianco che canti come un nero”. Avendo capito di essere il tipo giusto e soprattutto non sottovalutando il suo straordinario talento, Elvis non si perde d’animo e comincia la registrazione di alcuni brani pagando un dollaro per ciascuno e sperando nell’imminente successo.

Il primo brano che incide per regalarlo alla madre in occasione del suo compleanno è la ballata “My Happiness”. Fulmineamente stregato dalla sua calda voce, Sam Phillips gli propone di lavorare col chitarrista Scotty Moore e il contrabbassista Bill Black. Una notte del 1954 su suggerimento dello stesso Elvis incidono la cover dello sfrenato “That’s All Right Mama”, un vecchio pezzo di Arthur Crudup. Questo è effettivamente il suo primo disco a cui seguono immediatamente i fortunatissimi “Blue Moon Of Kentucky”, “Good Rockin’Tonight” e “Baby Let’s Play House” che gli consentono di svettare in tutte le classifiche di rhythm and blues e country. All’inizio ovviamente pur ascoltando ininterrottamente solo in radio, nessuno conosce il vero volto di Elvis, così i suoi fan cominciano a chiedersi quale sia l’aspetto di quel bianco che canta divinamente il blues o di quel nero che canta perfettamente il country.

Elvis Presley, voce profonda e faccia d’angelo

Elvis Presley iconaIl 16 ottobre 1954 il terzetto (che nel 1955 diventa un quartetto grazie all’entrata del batterista D.J. Fontana) appare per la prima volta al “Lousiana Hayride”, uno show radiofonico di musica country, trasmesso dalla KWKH Radio. A novembre Elvis firma un contratto per un anno, che comprende cinquantadue esibizioni e lo porta a viaggiare moltissimo per potersi far conoscere. Tutto ciò che sia cantato o solo pronunciato dalla sua voce comincia a costare parecchio perciò Phillips decide di vendere il suo contratto alla RCA per l’allora enorme cifra di 40.000 dollari. Da tutto questo Elvis ricava fama, successo e un bonus da 5.000 dollari. Da qual momento in poi e per tutto il resto della sua vita, il suo manager è il “colonnello” Tom Parker che si batte per consentirgli di esibirsi nelle tv nazionali dando la possibilità di farlo conoscere a tutti i cittadini americani. Con grande sorpresa l’1 aprile 1956 emozionatissimo si reca ad Hollywood per un provino per la Paramount Studios, dove interpreta la canzone “Blue Suede Shoes”. Cominciano così le apparizioni televisive in importanti programmi tra cui quelle al “The Milton Berle Show” sulla ABC o allo “Steve All Show” sulla NBC; firma anche un contratto con Hal Wallis e la Paramount Pictures.

Nonostante le movenze selvagge e i molteplici atteggiamenti ambigui che Elvis ha di fronte alle telecamere (destando anche qualche scandalo, visti i tempi) tutti i pezzi che presenta in tv (accompagnati rigorosamente dal fedele coro gospel The Jordanaires) si piazzano ai primi posti delle classifiche e gli regalano l’ammirazione di milioni di persone, nonché l’appellativo “Re del Rock and Roll”. Tra questi pezzi ricordiamo “Heartbreak Hotel”, “Jailhouse Rock”, “Hound Dog”, “Love Me Tender” e “Al Shook up”, che ancora oggi continuano a vendere milioni e milioni di copie. Visto l’irrefrenabile successo, su richiesta di alcuni registi, Elvis si ritrova catapultato nel magico mondo del cinema e in soli due anni gira quattro pellicole: “Fratelli rivali” (1956) di Robert D. Webb; “Amami teneramente” (1957) di Hal Kanter; “Il delinquente del Rock’n’roll” (1957) di Richard Thorpe e “La via del Male” (1958) di Michael Curtiz.

L’amore che il pubblico nutre per lui non diminuisce neanche quando il cantante, dopo aver subito la tragica perdita di sua madre (che a quanto pare ha creato una ferita mai più risanata) è costretto a partire per la Germania, nazione in cui svolge il servizio militare fino al 1960. È proprio tra la gente tedesca che Elvis conosce Priscilla Beaulieu, colei che riesce finalmente a portarlo all’altare e a regalargli una figlia. Al suo ritorno in patria con la moglie, Elvis scopre che il suo successo non è diminuito, ma nel frattempo sono nate nuove rock band pronte a sfidarlo sul mercato: i Beatles, i Rolling Stones e i Beach Boys.

Elvis Presley, il Re del merchandising

Elvis Presley GuitarÈ così che il suo manager decide che, per rientrare nel cuore della gente, è il momento di dedicarsi pienamente al cinema pur continuando a registrare dischi che fungono anche da colonna sonora, raddoppiandone quindi il successo e le vendite. In otto anni è dunque il protagonista di quasi trenta pellicole, molte delle quali con trame leggere e scadenti ma che grazie alla sua presenza riescono a portare in cassa cifre da sogno. Tra queste pellicole ricordiamo: “Girls! Girls! Girls!” (1962) in cui interpreta Ross Carpenter; “Viva Las Vegas” (1964) dove veste i panni di Lucky Jackson; “Easy Come, Easy Go” (1967) in cui è Lt. Ted Jackson e “Change of Habit” (1969) l’ultimo film che lo vede nel ruolo del Dr. John Carpenter. Nel frattempo Parker sfruttandone il nome, organizza una struttura commerciale vendendo portafogli, magliette, cinture, rossetti e altri gadget di vario formato e dai più svariati usi: Elvis è diventato il simbolo della cultura americana.

Nel febbraio 1967 la star compra un ranch di 163 acri nel Mississipi in cui lui e gli amici con le rispettive mogli iniziano a coltivare la passione per l’equitazione che diventa un diversivo per distoglierlo dalle sue frustrazioni morali e dall’infelicità per l’insuccesso di molti film. La gente però non smette un attimo di adorarlo e soffocarlo con mille richieste e pedinamenti, così intorno a lui si va formando un’impenetrabile barriera di persone che la stampa ironicamente chiama “Memphis Mafia”. Questa situazione mista al perenne stato di inquietudine e depressione del marito, comincia a pesare a Priscilla che nel 1972 decide di lasciarlo, facendolo sprofondare in un’acuta depressione da cui non si riprenderà mai, nonostante il tentativo di restare amici. Nel 1973 per la prima volta viene trasmesso via satellite il famoso concerto tenuto a Honolulu; di qui nasce il vendutissimo “Aloha From Hawaii via Satellite”, primo disco quadrifonico che diventa un “million seller”.

Nel corso degli anni incide centinaia di singoli e tantissimi dischi, molti dei quali raccolgono anche le colonne sonore dei suoi film o i live dei concerti. Tra tutti si ricordano il primo “Elvis Presley” (1956) e a seguire “King Creole” (1958), “Elvis is Back!” (1960), “Elvis Country” (1971), “The Wonderful World of Christmas” (1971), “He Touched me” (1972), “Promised Land” (1972), “Today” (1975), “T-R-O-U-B-L-E” (1975), “The Sun Session” (1976), “Moody Blue” (1977) e “Elvis in Concert” (1977). In più nel 1970 e nel 1972 vengono sviluppati due documentari sulla sua attività concertistica durante la sua permanenza ad Hollywood: “Elvis, That’s The Way It Is” ed “Elvis On Tour”. Nonostante tutto Elvis è costantemente depresso e per andare avanti il suo fisico richiede l’assunzione di grandi quantità di barbiturici, tranquillanti e anfetamine che non mancano mai in nessun armadietto, ovunque lui sia. A questo nocivo abuso si aggiunge l’assunzione di ancora altre medicine per curare l’obesità dovuta a un’alimentazione del tutto scorretta. Tutto ciò lo allontana da molti palchi e gli procura numerosi ricoveri e permanenze sempre più lunghe in ospedale.

Elvis Presley, una morte avvolta nel mistero

Il 26 giugno 1977 Elvis si esibisce quasi privo di forze a Indianapolis al Market Square Arena. Alle 3.30 del 16 agosto 1977 viene dichiarata l’ora del decesso del cantante quarantaduenne, causata da un attacco cardiaco (anche se in molti parlano di overdose). Come la sua vita, anche la sua morte risulta interessante e misteriosa. Ginger Aldem, la sua compagna, dichiara alla stampa di averlo trovato morto nel bagno della sua dimora di Graceland (oggi aperta al pubblico come un santuario del rock) a Memphis, davanti alla quale un’ora dopo la notizia si radunano più di ottantamila persone mentre ogni minuto arrivano fiori (si parla di cinque tonnellate) e sculture commemorative da ogni parte del mondo.

Ancora oggi esistono storie che sostengono che Elvis, stanco della vita e della carriera, ha deciso di inscenare la sua morte e isolarsi in un luogo sperduto del pianeta. C’è chi è certo di averlo visto in Argentina o chi è sicuro che il corpo deposto nella bara non sia il suo per l’assenza di una cicatrice sul petto. Comunque sia, Elvis Presley è stato, è e sarà per sempre il “Re del Rock and Roll” e il suo sorriso, la sua voce e semplicemente la sua vita, vivranno per sempre nei cuori della gente, che continuerà a raccontarla e a renderla meritevolmente immortale proprio come una bellissima antica leggenda.

 Giusy Del Salvatore

Filmografia

Elvis Presley Filmografia – Cinema

Elvis Presley primo piano

  • Fratelli rivali, regia di Robert D. Webb (1956)
  • Amami teneramente, regia di Hal Kanter (1957)
  • Il delinquente del rock’n’roll, regia di Richard Thorpe (1957)
  • La via del male, regia di Michael Curtiz (1958)
  • Cafè Europa, regia di Norman Taurog (1960)
  • Stella di fuoco, regia di Don Siegel (1960)
  • Paese selvaggio, regia di Philip Dunne (1961)
  • Blue Hawaii, regia di Norman Taurog (1961)
  • Lo sceriffo scalzo, regia di Gordon Douglas (1962)
  • Pugno proibito, regia di Phil Karlson (1962)
  • Cento ragazze e un marinaio, regia di Norman Taurog (1962)
  • Bionde, rosse, brune…, regia di Norman Taurog (1963)
  • L’idolo di Acapulco, regia di Richard Thorpe (1963)
  • Il monte di Venere, regia di Gene Nelson (1964)
  • Viva Las Vegas, regia di George Sidney (1964)
  • Il cantante del luna park, regia di John Rich (1964)
  • Pazzo per le donne, regia di Boris Sagal (1965)
  • Per un pugno di donne, regia di Norman Taurog (1965)
  • Avventura in Oriente, regia di Gene Nelson (1965)
  • Frankie e Johnny, regia di Frederick De Cordova (1966)
  • Paradiso hawaiano, regia di Michael D. Moore (1966)
  • Voglio sposarle tutte, regia di Norman Taurog (1966)
  • 3 “fusti”, 2 “bambole” e… 1 “tesoro”, regia di John Rich (1967)
  • Fermi tutti, cominciamo daccapo!, regia di Norman Taurog (1967)
  • Miliardario… ma bagnino, regia di Arthur H. Nadel (1967)
  • Stay Away, Joe, regia di Peter Tewksbury (1968)
  • A tutto gas, regia di Norman Taurog (1968)
  • Live a Little, Love a Little, regia di Norman Taurog (1968)
  • Un uomo chiamato Charro, regia di Charles Marquis Warren (1969)
  • Guai con le ragazze, regia di Peter Tewksbury (1969)
  • Change of Habit, regia di William A. Graham (1969)

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