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…E ora parliamo di Kevin – Recensione

La Ramsay realizza un film dalla grande valenza visiva, su un controverso rapporto tra una madre e un figlio, con una Tilda Swinton eccezionale. Difficile uscire dalla sala senza sentirlo ancora addosso

(We Need to Talk About Kevin) Regia: Lynne Ramsay – Cast: John C. Reilly, Tilda Swinton, Ezra Miller, Neil Hardy, Siobhan Fallon, Joseph Melendez, Ashley Gerasimovich, Leslie Lyles, Lauren Fox, Ursula Parker, James Chen, Leland Alexander Wheeler, Aaron Blakely, Jennifer Kim, Anthony Del Negro, Caitlin Kinnunen, Erin Maya Darke – Genere: Drammatico, colore, 110 minuti – Produzione: Gran Bretagna, USA, 2011 – Distribuzione: Bolero – Data di uscita: 17 febbraio 2012.

eoraparliamodikevinImpressionante prova interpretativa di Tilda Swinton, ingiustamente esclusa dalla corsa per gli Oscar, in questa pellicola dolorosa e inquietante sul rapporto madre-figlio, e sulla constatazione che, per quanto complicato e sofferto possa essere, rimane indissolubile.

Lynne Ramsay porta sul grande schermo l’omonimo bestseller di Lionel Shriver, che racconta la storia di Eva, una donna realizzata, colta e intelligente, che abbandona l’adorata New York e le sue ambizioni professionali per trasferirsi in campagna, ritenendola più adatta per crescere il figlio Kevin.

Ma il rapporto tra Eva e Kevin si presenta subito difficile, fin dalla prima infanzia, il bambino è irrequieto e poco incline alle regole, con momenti di aggressività tali da far preoccupare seriamente la donna, che pare essere l’unica a percepire la drammaticità della situazione.

La pellicola della Ramsey mostra Eva sopraffatta da un gesto scellerato compiuto dal figlio adolescente, oramai avulso dal normale vivere sociale, distruggersi nel dolore e nel dubbio, comune peraltro a molte madri, di sentirsi responsabile delle colpe dei propri figli.

La Swinton si ammanta di Eva, ne assorbe l’anima e la propone al pubblico, con un’eleganza rara, assieme ad un agghiacciante dolore e al senso di impotenza, dove però non c’è mai spazio per la rassegnazione.

La narrazione ha nella Swinton la colonna portante, è la pietra d’angolo di un impianto visivo perfetto, in cui non solo la fotografia, ma anche i colori e la musica sono protagonisti, fusi alla perfezione da un montaggio eccellente, che dona al girato quella giusta tensione emotiva, che punta dritto allo stomaco dello spettatore. Il tutto senza premere l’acceleratore sull’emozionalità del pubblico in sala, il dolore della protagonista c’è ma non è esibito, il suo malessere è mostrato in modo quasi rarefatto.

Il film non è perfetto, la figura di Kevin, il suo odio per la madre, e non solo per lei, a volte sono un po’ caricaturali, e l’indugiare visivamente sul colore rosso ha un qualcosa di ossessivo, per quanto simbolico possa essere, ma per il resto nulla da eccepire!

Maria Grazia Bosu

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