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Come pietra paziente – Recensione

“Come pietra paziente” ha per protagonista una donna senza nome che nell’Afghanistan moderno cerca di raggiungere l’emancipazione con il solo potere della parola

(Pierre de patience) Regia: Atiq Rahimi – Cast: Golshifteh Farahani, Hamid Djavadan, Massi Mrowat, Hassani Burgan – Genere: Drammatico, colore, 98 minuti – Produzione: Francia, Germania, Afghanistan, 2012 – Distribuzione: Parthenos – Data di uscita: 28 marzo 2013.

comepietrapaziente“Come pietra paziente” è uno di quei pochi film totalmente figli del proprio regista. Atiq Rahimi infatti non ha solo diretto questa pellicola, ma l’ha anche sceneggiata da un romanzo omonimo del 2008, da lui stesso scritto.

Quella ambientata a Kabul, in Afghanistan, da Rahimi, è una storia molto letteraria poiché si svolge tutta nella stanza dove un materasso accoglie il corpo inerme di un eroe di guerra entrato in coma dopo che una pallottola è rimasta bloccata nel suo collo. Eppure anche il cinema è riuscito a rendere brillantemente il percorso interiore che la moglie dell’uomo compie durante la malattia di lui. Lei, cresciuta in un Paese che non riconosce alcun diritto alle donne, impara a scoprire se stessa e a valorizzarsi, raccontandosi a quell’uomo sconosciuto che è suo marito da più di 10 anni.

Golshifteh Farahani si dimostra un’interprete straordinaria, capace di portare sulle sue spalle l’intero film. C’è quasi sempre solo lei davanti alla macchina da presa e per la maggior parte del tempo racconta la sua storia, snocciolando pagine di monologhi in piani sequenza molto lunghi e parlando anche con le mani e gli occhi, che spesso sembrano dire l’opposto di ciò che stanno esprimendo le labbra.

Atiq Rahimi ha voluto raccontare il cambiamento profondo compiuto da una donna in poco tempo, che riesce a liberarsi, quando il marito è “incatenato”. Se inizialmente il personaggio di Farahani ci appare la più fedele delle mogli musulmane, pian piano inizia ad emanciparsi sempre più. È la stessa donna che resta accanto al marito durante la guerriglia che rischia di ucciderli a concedersi più tardi ad un altro uomo, in quella stessa stanza, per soldi e per piacere, per poi raccontare ogni cosa al marito, ormai tramutatosi nella sua pietra paziente a cui vengono sussurrati i segreti. Riflette su come è sempre stato il sesso con lui e come è diverso, invece, con questo giovane soldato inesperto che si lascia guidare da lei, interessato al raggiungimento del piacere per entrambi. Ripensa alla propria vita priva d’amore e piena invece di menzogne, dolore, sofferenze. Pian piano la donna si apre sempre di più, scava più a fondo, la sua voce dapprima insicura diventa forte e sicura; il volto stanco, sofferente, invecchiato diventa luminoso e rilassato. La giovane inizia ad indossare vestiti più belli, a lavare e pettinare i capelli, a truccarsi: quando capisce che l’amore e il piacere esistono, quando scopre il suo corpo inizia a prendersi cura di esso e della sua anima.

La telecamera non lascia la Farahani nemmeno per un istante e accompagna il processo di rinascita del personaggio, dimostrando che si può riuscire anche in un’impresa apparentemente impossibile come quella di filmare i pensieri.

“Come pietra sapiente” è un film molto particolare, più unico che raro, intenso e poetico, in cui la religione e il sacro hanno un ruolo molto importante. C’è da ammetterlo, la pellicola mette a dura prova lo spettatore perché lo costringe nella piccola area di una stanza, insieme ad una donna che ha un solo strumento d’azione e di battaglia: la parola. Quella stessa parola che può stancare, annoiare nella sua ripetitività è artefice del crollo del muro di oppressione eretto tanti anni fa tra quelle stesse mura, la parola che esprime i pensieri della donna, l’anima che non potrà mai esserle strappata e l’unico mezzo con cui si può continuare a combattere per una vita migliore.

Non è un film per tutti, ma è una storia che vale la pena di essere ascoltata.

Corinna Spirito

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