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Class enemy – Recensione

Il quarto film del giovane regista sloveno Rok Bicek

(Razredni sovraznik) Regia: Rok Bicek – Cast: Igor Samobor, Natasa Barbara Gracner, Tjasa Zeleznik, Masa Derganc, Robert Prebil – Genere: Drammatico, colore, 112 minuti – Produzione: Slovenia, 2013 – Data di uscita: 9 ottobre 2014.

classenemyIn un liceo sloveno, una classe come tante viene improvvisamente scossa da un tragico evento. Sabina, una delle alunne, si suicida senza motivare il suo gesto. Tutto il film si concentra sull’elaborazione di questo lutto da parte di studenti e professori.

Il dolore e il senso di impotenza di fronte alla morte di Sabina si lega pericolosamente alla giovane età degli alunni, facendo nascere nelle loro menti immature l’idea che la cosa giusta da fare sia trovare un colpevole.

Il regista Rok Bicek inserisce nel contesto di una classe liceale quella dinamica ben nota per la quale, quando un male colpisce una comunità creando dolore, questo presto diventa risentimento che abbisogna di un capro espiatorio.

L’attenzione, dunque, è puntata sul sentimento collettivo, su questa classe che, come mai prima, prova a farsi solidale e complice nella ricerca del colpevole. Ben presto però emergerà una forte discrepanza tra i sentimenti dei diversi alunni, uniti, in realtà, solo dalla voglia di ordinare il caos che li ha sconvolti.

Quando si scontrano con l’impossibilità di riuscire nel loro intento senza ammettere possibilità dialettiche, le sicurezze fittizie alle quali si erano aggrappati via via si sgretolano. Per questo, lungo la parabola emotiva che attraversano durante il film, dapprima troveranno il colpevole nel severissimo professore arrivato da poco, poi nel sistema scolastico tutto, e infine addirittura in loro stessi.

Se la giovane età del regista – 28 anni – lascia sorpresi di fronte a delle riprese assai stilose, al tempo stesso può rispondere alla perplessità di fronte ad alcune ridondanze e ad alcune didascalie, probabilmente entrambe figlie del timore di non essere compreso a pieno.

Ad ogni modo, nonostante il film in tutta la sua durata quasi esasperi l’unica tematica, i suoi 112 minuti scorrono abbastanza leggeri.

Claudio Di Paola

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