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Cercasi amore per la fine del mondo – Recensione

Dolce e amaro il debutto alla regia di Lorene Scafaria

(Seeking a Friend for the End of the World) Regia: Lorene Scafaria – Cast: Keira Knightley, Steve Carell, Melanie Lynskey, T.J. Miller, Adam Brody – Genere: Drammatico, colore, 101 minuti – Produzione: USA, 2012 – Distribuzione: M2 Pictures – Data di uscita: 17 gennaio 2013.

Radio Q 107cercasi-amore-per-la-fine-del-mondo.2 trasmette la notizia che l’asteroide denominato Matilda si schianterà sulla Terra entro tre settimane.

Dodge è in macchina con sua moglie, che dopo aver sentito l’annuncio, sui classici del rock mandati dall’emittente, apre lo sportello e corre via.

Appare la scritta MENO 21 GIORNI sullo schermo e inizia una quanto mai pittoresca e ai limiti dell’improbabile corsa contro il tempo per l’umanità, e per i due protagonisti, Dodge, agente assicurativo sull’orlo della depressione e Penny, sua vicina di casa, una ventottenne estroversa ed emotiva.

Un film sicuramente difficile da definire entro canoni precisi, non è una commedia a tutti gli effetti, ma decisamente nemmeno un dramma.

Presenta la struttura del road movie, a tratti rocambolesco, Dodge e Penny si mettono in viaggio, ognuno dei due con una meta precisa: l’uno per incontrare il suo amore perduto della giovinezza e l’altra per raggiungere la sua famiglia, scoprendo che il viaggio che hanno intrapreso è in realtà all’interno di loro stessi alla ricerca di qualcosa che non hanno mai saputo come cercare, i loro veri desideri, i loro sogni più intimi.

Il mondo sta per finire, è una premessa sicuramente allarmante e angosciante, ma la regista ha riempito di ironia un contenitore dichiaratamente drammatico.

Spazia infatti tra situazioni reali, come scene di risse e di rivolte, che è quello che presumibilmente ci si aspetterebbe in una situazione di panico dilagante, e altre completamente assurde, ai limiti del ridicolo come la tappa dei due protagonisti in un bar in cui le persone si sono aggregate in una stramba comunità dedita a orge e droga aspettando col sorriso la fine.

Così come appaiono ridicoli i personaggi che s’incontrano, che sono l’esempio di differenti possibili reazioni alla fine del mondo.

Questo contribuisce a non sfiorare mai del tutto il tono della tragedia, ma a rimanere sempre attaccati a una sorta di umoristico ottimismo, tanto che lo spettatore quasi dimentica che il film inizia con una dichiarazione di fine, e non si aspetta più l’inevitabile, quando nell’ultima scena, con i primi colpi, i primi terremoti, gli occhi di Penny che stanno per piangere, le ultime confessioni d’amore di Dodge, l’inquadratura che si stringe sui due volti, lo spettatore, che fino a un quarto d’ora prima aveva riso, si alza con un sottile senso di tristezza.

Una storia piena zeppa di “se”, di domande, “cosa farei se fossero i miei ultimi giorni sulla Terra?”

Un film che ha in sé una delicatezza e una sensibilità tangibili, e proprio per questo anche se a tratti poco credibile, si lascia guardare piacevolmente tra risate e singhiozzi. Parla del valore della vita, della ricerca delle cose che ti rendono felici, esortando con ironia a cercare di capirlo più prima che poi.

Paola Rulli

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