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Carlos – Recensione

L’intensa storia del celebre terrorista venezuelano Carlos Lo Sciacallo, dagli anni Settanta alla caduta del Muro di Berlino, raccontata con originalità dal regista francese Olivier Assayas

Regia: Olivier Assayas – Cast: Edgar Ramirez, Alexander Beyer, Julia Hummer, Nora von Waldstätten, Anna Thalbach, Susanne Wuest, Udo Samel, Alexander Scheer, Katharina Schüttler, Karl Fischer, Farid Elouardi, Christoph Bach, Alexander Yassin, Jule Böwe, Olivier Cruveiller, Nicolas Briançon, Jean-Baptiste Malartre, Timo Jacobs, Alejandro Arroyo, Yanillys Perez, Istvan Szori – Genere: Drammatico, colore, 330 minuti – Produzione: Francia, Germania 2010.

Tra mille difficolcarlostà causate dal suo distributore, Canal +, finalmente al Festival Internazionale del Film di Roma 2010 è stato proiettato “Carlos” del grande regista francese Olivier Assayas nella versione corta di tre ore destinata alle sale cinematografiche. Ricordiamo che la versione integrale era passata per il Festival di Cannes 2010. Come detto dallo stesso Assayas, non è stato facile realizzare la versione ridotta. Eppure il film, nonostante ciò, conserva una sua originalità e un suo senso.

La figura del terrorista venezuelano Carlos Lo Sciacallo, viene raccontata a tutto tondo. A cominciare dal suo lato umano e continuando con le sue vicende, dal 1973, anno del suo “debutto” con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, al 1994, quando è arrestato in Sudan dove aveva riparato fortunosamente. Di mezzo ci sono gli anni della guerra fredda e del terrorismo internazionale. Carlos, venezuelano come l’attore che interpreta il suo ruolo, Edgar Ramirèz, attraversa tutti questi anni cambiando personaggio.

Prima terzomondista, poi guerriero e, infine, mercenario. All’inizio è giovane, bello e cialtrone, con una gran fama, meritata, di sciupafemmine. Diventa una specie di rockstar e quindi la sua faccia è troppo nota per fare altre azioni. Finisce per essere alla fine un rottame, che sa troppo di tutto e per questo deve essere eliminato, anche perché, in seguito al muro di Berlino tutto sta cambiando.

Il regista mostra l’intero processo storico attraverso il corpo dell’attore, che si dilata e si riduce più volte. Il ritratto che Assayas dà dello Sciacallo è misurato. Non è un eroe sexy, come l’Andreas Baader del film sulla banda Baader Meinhof, di Uli Edel, ma è uno che ha vissuto anni importanti da protagonista e alla fine diventa un testimonial perfetto per anni della guerra fredda. Erano allora gli interessi del petrolio a comandare e, in fondo, le cose non sono cambiate molto. Ed anche sulla spinosa questione palestinese non si è andati molto avanti.

Il lavoro di Assayas, benché non perfetto a causa dei numerosi tagli fatti, resta comunque un film da vedere.

Ivana Faranda

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