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Calvario – Recensione

Un prete di una piccola città e la cronaca della sua morte annunciata

(Calvary) Regia: John Michael McDonagh – Cast: Brendan Gleeson, Kelly Reilly, Chris O’Dowd, Isaach De Bankolé, David Wilmot, Elaine Cassidy, Domhnall Gleeson, Marie-Josée Croze, Fiona O’Shaughnessy, Pat Shortt, Dylan Moran – Genere: Commedia nera, colore, 110 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2013 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 14 maggio 2015.

calvarioNel confessionale della sua chiesa, Padre James presta ascolto alla consueta esposizione di peccati passati e futuri. Il parrocchiano di turno però non ha una semplice colpa da raccontare ma un’atroce esperienza che ha deturpato la sua anima. Quand’era bambino, per sette lunghi e terribili anni, ha subìto violenze sessuali da un prelato e ora, da adulto, vuole regolare i conti. La vendetta dell’uomo avrà luogo alla fine della settimana e seguendo un’assurda regola del contrappasso sarà un prete buono ed estraneo ai fatti a subirne le conseguenze: Domenica, padre James verrà ucciso.

Non avendo riconosciuto il suo futuro omicida, il sacerdote si abbandona alle consuete frequentazioni della piccola cittadina irlandese di cui è il riferimento spirituale.

Di fronte all’ineluttabilità del destino, l’uomo di chiesa intraprende il cammino dell’espiazione attraverso il continuo confronto con la realtà circostante fatta di vite misere e senza significato. I personaggi che popolano “Calvario” rappresentano palesemente l’umanità abbandonata a una deriva esistenziale cinica e priva di valori. Una rassegna di uomini e donne impegnati nell’affannoso tentativo di colmare il vuoto dentro con rimedi di comodo o con esperienze insignificanti.

L’unico punto di riferimento in questa enorme vaghezza dell’esistenza appare essere solo padre James anche lui, per una spietata ironia della sorte, alla ricerca di un appiglio per dare una fisionomia alla propria preannunciata fine.

Lo scambio dialettico tra prete e ambiente limitrofo crea un solco molto profondo in cui si viene lentamente risucchiati lasciandoci perfino dimenticare l’epilogo già scritto. I dialoghi hanno quasi l’esclusiva sulle fondamenta della pellicola. Monotone, esistenziali, scontate, comiche, argute, violente, le conversazioni sono l’unica arma di difesa del protagonista. Acquisterà anche una pistola ma l’unica cosa con cui sparerà sarà la propria favella.

La narrazione della pellicola rotola, incontrando anche zone paludose, verso un finale a cui non si vorrebbe assistere, ma lo fa inesorabilmente, con un adagio che, nel bene e nel male, ci lascia il tempo di comprendere il senso di un “Calvario”.

Riccardo Muzi

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