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Bologna 2 agosto… I giorni della collera – Recensione

Prima trasposizione cinematografica della strage della stazione di Bologna e dei sanguinosi fatti che hanno segnato gli anni di piombo della nostra storia più oscura

Regia: Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio – Cast: Marika Frassino, Giuseppe Maggio, Lorenzo De Angelis, Roberto Calabrese, Tatiana Luter – Genere: Drammatico, colore, 99 minuti – Produzione: Italia, 2014 – Distribuzione: Virginio Moro per Telecomp Planet Film Production – Data d’uscita: 29 maggio 2014.

bologna2agostoAlcune ferite non smettono mai di bruciare e la strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 che portò alla morte di 85 innocenti e al ferimento di 200 persone è sicuramente una di queste. Non può rimarginarsi perché non si trovano, anzi non si cercano le cause dell’infezione.

Da questo punto di vista il film di Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio, “Bologna 2 agosto… I giorni della collera”, è sicuramente meritorio, per il coraggio di affrontare ad occhi aperti gli orrori che hanno insanguinato il nostro paese in una drammatica storia recente.

La base narrativa si fonda nella trasposizione delle cronache degli omicidi degli anni di piombo, partendo dalla genesi dei N.A.R. (Nuclei Armati Rivoluzionari), formati da un gruppo di giovani esaltati fuoriusciti dal MSI, capeggiati da Francesca Mambro (sotto lo pseudoinimo di Antonella De Campo) e Valerio Fioravanti (con lo pseudonimo di Alverio Fiori). Dietro la loro violenza esplicitata in rapine, pestaggi ed omicidi non si cela una forte ideologia politica; sono piuttosto cavalli pazzi in cerca di auto-affermazione ma le loro azioni vengono asservite ed intercettate dai servizi segreti deviati, a loro volta manovrati dalla loggia massonica P2 di Gelli, per destabilizzare l’Italia attraverso la strategia del terrore, che culmina nella famigerata strage di Bologna.

Sono fatti arcinoti alle nostre cronache e in questo, purtroppo, è il limite del film: si è preferito trasporli nella loro successione temporale, evitando accuratamente un punto di vista che possa dare una chiave di lettura a quei tragici eventi.

Anche i dialoghi sono semplicistici, quasi didascalici, pertanto i personaggi, anche troppi numericamente, non hanno spessore ma sono solo abbozzati. Manca l’introspezione: di nessuno di loro si capisce l’interiorità, chi davvero sia, e da cosa siano spinte le proprie azioni. Così giudici onesti si fanno ammazzare per un astratto dovere, delinquenti delinquono per DNA, giornaliste innamorate (Martina Colombari) indagano e muoiono quasi per nulla. Troppi eventi rappresentati senza approfondimento alcuno.

Questo è davvero il grande difetto del film. Sarebbe stato davvero utile trascinare lo spettatore dentro la vicenda, farlo innamorare dei personaggi positivi e odiare quelli negativi, affinché negli animi si formi, oltre la conoscenza degli eventi, quella parte critica che è necessaria al cambiamento.

Danila Belfiore

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