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Blancanieves – Recensione

Dalla Spagna un tributo ai film muti attraverso il cinismo e lo spirito nero dei fratelli Grimm

Regia: Pablo Berger – Cast: Maribel Verdú, Angela Molina, Daniel Giménez Cacho, Inma Cuesta, Macarena García – Genere: Drammatico, b/n, 90 minuti – Produzione: Spagna, 2012 – Data di uscita: 31 ottobre 2013.

bianca-nievesDue anni dopo il successo internazionale di pubblico e critica di “The Artist”, l’Europa ci regala una nuova, superba pellicola muta e in bianco e nero.

Pablo Berger scrive e dirige una versione della favola dei fratelli Grimm “Biancaneve” ambientata nella Spagna degli anni ’20, in cui le star fotografate sulle riviste non erano calciatori e subrette, ma ballerine di flamenco e toreri.

Non facevano eccezione i genitori della Biancaneve di questa rivisitazione moderna: lei, Carmen De Triana, bellissima ballerina; lui, Antonio Villata, leggendario e acclamato torero. Fanno parte del mondo delle corride anche i famosi sette nani, mentre la malvagia quanto affascinante matrigna è un’infermiera arrivista, nella versione di Berger.

La storia di Biancaneve è sicuramente una delle più famose del mondo. Pubblicata dai fratelli Grimm nel 1812, dal 1937 ha, nell’immaginario collettivo, le forme più pacate della rivisitazione disneyana. Il cinema l’ha portata sullo schermo in innumerevoli varianti (le più recenti sono il parodistico “Biancaneve” con Julia Roberts e Lily Collins e “Biancaneve e il cacciatore” con Kristen Stewart e Chris Hemsworth, entrambe del 2012), eppure la sceneggiatura di Pablo Berger riesce nell’arduo compito di regalare qualcosa di nuovo al pubblico. Pur omaggiando il cinema degli anni ’20, il regista infatti non fa riferimento a nessun film in particolare e realizza un’opera dallo stile personale e dalla storia tutta da scoprire.

Non lasciatevi spaventare dal bianco e nero e dalla mancanza di dialoghi parlati, “Blancanieves” non è solo una piccola perla del cinema contemporaneo dal punto di vista stilistico, ma anche un prodotto capace di divertire e intrattenere a dovere.

È un taglio molto convincente quello scelto dal regista Pablo Berger che non rinuncia agli elementi crudi e al sapore gotico degli scritti dei fratelli Grimm, senza però negarsi dei ritagli humor. In questo senso incarnazione stessa dello spirito della pellicola è il personaggio della matrigna, Encarna, portata sullo schermo dalla magnifica Maribel Verdù (già vista in “Y tu mamà tambièn”), irrimediabilmente malvagia e insieme amaramente divertente nei suoi eccessi.

Encomiabili anche le due attrici che interpretano Carmen/Biancaneve: Sofìa Oria che la dipinge nell’età infantile e Macarena Garcìa, la protagonista cresciuta. Gli occhi grandi e profondi e la mimica magnetica di queste due attrici sono indice dell’attenzione che il regista ha dedicato nella scelta di un cast che risultasse credibile e che coinvolgesse completamente il pubblico senza bisogno di parlare.

“Blancanieves” non è soltanto “il miglior film spagnolo dell’anno”, per citare la definizione data da Pedro Almodovar, ma anche una delle migliori pellicole del 2013 e degli ultimi anni. L’opera di Pablo Berger rende impossibile distogliere l’attenzione dallo schermo anche soltanto per un momento e ha il merito, così come lo ebbe “The Artist”, di far capire allo spettatore che il cinema muto è una forma di narrazione che non ha nulla da invidiare alle altre. Il pubblico si stupirà di quanto sia facile appassionarsi a “Blancanieves”, senza avvertire minimamente la mancanza dei dialoghi e tornerà a vivere, anche se per soli 90 minuti, il cinema puro, quello scarno di ogni effetto speciale, che si affida completamente al linguaggio del corpo.

Corinna Spirito

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