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Amos Gitai

Biografia

Regista di ”Free Zone” nel 2005, Amos Gitai è un regista, sceneggiatore, attore e architetto israeliano, che è riuscito ad affermarsi a livello internazionale.

Amos Gitai, il pacifista di Israele

(Haifa, 11 Ottobre 1950)

Amos Gitai registaÈ uno dei maggiori cineasti israeliani in attività, ed è di casa in tutti i festival internazionali. Sebbene autore di molti film di fiction, non ha mai abbandonato il suo genere d’esordio, quello del documentario.

Del resto, la sua vocazione cinematografica nasce da una traumatica esperienza che lo coinvolge a soli 23 anni.  Arruolato come riservista nella guerra del Kippur del 1973, durante una missione il suo elicottero viene colpito e lui sopravvive miracolosamente. Questo incidente gli fa decidere di raccontare il suo Paese. E così, con un una Super 8 regalatagli dalla madre, Gitai inizia a filmare le missioni di guerra. Nonostante il suo successo internazionale, lui, laico e ottimista sulla situazione israelo-palestrinese, non sempre ha avuto vita facile in patria, probabilmente a causa delle critiche fatte all’ebraismo.

Amos Gitai: i documentari a sfondo politico e sociale

Amos Gitai nasce a Haifa l’11 ottobre 1950 da padre polacco e madre palestinese di origine russa. Il padre Munio Weinraub è un importante architetto della Bauhaus tedesca, molto attivo negli anni’ 30 in Israele, a cui si deve l’Holocaust Memorial di  Haifa. A lui Gitai nel 1996 dedica il documentario “Munio Weinraun Gitai Architett” e nel 2012 il film “Lullaby to My Father”. Proprio seguendo le sue orme, il futuro regista si iscrive agli studi di architettura a Berkley, ma conseguirà la laurea soltanto nel 1986, all’età di 36 anni, dopo tante difficoltà

Il primo documentario racconta in modo molto esplicito l’espropriazione di una casa palestinese da parte di Israele. Per ragioni politiche, “Bait”(House) non passa la censura della televisione. Stesso destino anche per il secondo lavoro, “Yoman Sadeh” (1982), documentario sulla campagna del Libano, che però viene proiettato nei maggiori festival cinematografici europei.

Amos Gitai: la trilogia dell’esilio dopo il trasferimento a Parigi

Non stupisce dunque la decisione di Amos Gitai di emigrare in Francia con tutta la sua famiglia. Tornerà nel suo Paese solo dopo 11 anni, ma Parigi resterà da quel momento la sua casa, dove tuttora vive con moglie e figli. Del resto, la Francia lo accoglie e lo adotta, al punto di dedicargli nel 2003 una retrospettiva completa al Centro Pompidou. Libero da pressioni politiche, Gitai gira il suo primo lungometraggio nel 1984.

“Esher” viene presentato alla Semaine de la critique di Cannes. Con i successivi “Berlin-Jerusalem”(1989) e “Golem – Lo spirito dell’esilio” compone la trilogia  dell’esilio. Nel secondo, il regista incrocia coraggiosamente la storia della Germania intra-bellica con la Palestina del pre-Israele. Il risultato è interessante, quanto meno dal punto visivo estremamente.

Amos Gitai: la trilogia della città

“Golem- Lo spiriti dell’esilio”, invece, esordisce a Venezia dove la critica lo accoglie con molto favore. La pellicola conclusiva della trilogia racconta la sua fuga in Francia, usando come alter ego una donna, citando esplicitamente la leggenda ebraica del Golem, gigantesca creatura d’argilla. Gitai ha un cast di primo ordine che vede tra gli altri, in un cameo, Bernardo Bertolucci, ma anche dei danzatori del corpo di ballo di Pina Bausch e Philippe Garrell. Il francese si alterna all’ebraico e al suono in presa diretta c’è il collaboratore storico di Godard, Antoine Bonfanti. 

Il ritorno in patria, avviene dopo gli accordi di Oslo del 1993. Gitai è accolto con una certa insofferenza nonostante la sua indiscussa fama. Firma la trilogia delle città: Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme, che fanno da sfondo rispettivamente a “Devarim”(1995), “Yom Yom” (1998) e  “Kadosh” (1999). La prima è raccontata da Gitai per il carattere laico, mentre la seconda è segnata dal multiculturalità. Ma quella che colpisce di più dei tre è “Kadosh”, su Gerusalemme. Tutti i suoi personaggi maschili sono solo dediti alla preghiera e vivono in una sorta di medioevo, mentre le donne sono in assoluta sudditanza. Ovviamente l’uscita dell’opera in Israele è segnata dalle polemiche. Un quotidiano definì il film “peggio della pornografia tedesca”.

Amos Gitai: polemica e critica nelle pellicole

A questo punto della carriera, Gitai riesce ad affrontare i suoi fantasmi. In “Kippur”, girato nel 1999, il regista rievoca l’incidente in elicottero sulle alture del Golan, della sua gioventù. Tutto il film può essere racchiuso nella sequenza indimenticabile in cui i soccorritori, arrivati dopo lo scoppio della bomba, restano impantanati nel fango con la vittima. La chiave di lettura è apertamente antimilitarista ed è in bilico tra film e documentario.

Totalmente diverso e affatto riuscito è “Eden” del 2001, adattamento del romanzo “Homely Girl, a Life” di Arthur Miller, in cui lo stesso drammaturgo ha una piccola parte. Archiviato questo clamoroso flop, con “Kedma – Verso oriente” del 2002, Gitai torna sui temi a lui congeniali e denuncia ancora una volta l’orrore della guerra, lasciando lo spettatore senza fiato e scontentando sia gli israeliani che i palestinesi.

Nel 2003 è la volta del capolavoro tecnico “Alila” del 2003, racconto crudo sulla solitudine degli abitanti di un condominio di Tel Aviv, girato per lo più in piano sequenza. L’anno seguente Venezia storce il naso per “Terra promessa” (2004), in cui Gitai questa volta porta scompiglio fuori dal suo Paese con il racconto sul fenomeno sempre taciuto della tratta delle bianche.

Amos Gitai: il cinema la sua ”Free Zone”

È tutto al femminile il successivo “Free Zone” del 2006, scritto in tandem con Marie Josè Sanselm. Le vite di tre donne di paesi diversi si incrociano in una sorta di zona grigia che è più mentale che reale. Da segnalare l’ottima performance di Natalie Portman e dell’attrice feticcio di Almodovar Carmen Mauro.

Si apre con un bacio simbolico tra un un’israeliana e un palestinese su un treno in corsa “Disengagement” del 2007. I due, fratello e sorella, nel tentativo di ricostruire il loro rapporto perso negli anni, si troveranno coinvolti nello sgombero dei coloni della Striscia di Gaza nel 2005.

Amos Gitai: il ritorno dopo una piccola pausa dal cinema

Nel 2007, Amos Gitai è tra i 35 registi che raccontano la settima arte in soli tre minuti, in occasione dei 60 anni del Festival di Cannes “Chacun son cinéma”. E parla francese anche “La Guerre des Fils de la Lumière Contre les Fils des Tén” del 2008, adattamento dell’autobiografia di Jérôme Clément. Ne è protagonista indiscussa l’inossidabile Jeanne Moreau, e viene presentato prima a Berlino e poi a Locarno in occasione della consegna del prestigioso Pardo d’Onore.

Solo un anno dopo, il regista, di casa a Venezia, presenta Fuori Concorso “Carmel”, singolare ritratto del suo paese diviso in sette capitali dall’epoca romana agli anni nostri, che prende spunto dalle lettere di sua madre Efratia.

Dopo quattro anni di pausa, il fecondo regista torna al Lido, questa volta In Concorso, con “Ana Arabia”. Gitai racconta, in unico piano sequenza, la pacifica convivenza di un gruppo di ebrei e arabi che vivono al confine fra Jaffa e Bat Yam in Israele, dimostrando ancora una volta il suo ottimismo verso la pace nel suo Paese.

Ivana Faranda

Filmografia

Amos Gitai Filmografia – Cinema

Amos Gitai sceneggiatore

  • Ahare (1974)
  • Charisma (1976)
  • Political Myths (1977)
  • Shikun (1977)
  • Architectura (1978)
  • Wadi Rushima (1978)
  • Bikur Carter B’Israel (1979)
  • Cultural Celebrities (1979)
  • M’Ora’ot Wadi Salib (1979)
  • Bayit (1980)
  • In Search of Identity (1980)
  • American Mythologies (1981)
  • Wadi (1981)
  • Ananas (1984)
  • Bankok Bahrain (1984)
  • Regan: Image for Sale (1984)
  • Homan Sadeh (1984)
  • Esther (1986)
  • Brand New Day (1987)
  • Berlin-Yerushalaim (1989)
  • Wadi 1981-1991 (1991)
  • Golem – Lo spirito dell’esilio (1992)
  • Gibellina, Metamorphosis of a Melody (1992)
  • Golem, il giardino pietrificato (1993)
  • Te’atron Hahaim (1994)
  • The Neo-Fascist Trilogy: I. In the Valley of the Wupper (1994)
  • The Neo-Fascist Trilogy: II. In the Name of the Duce »(1994)
  • The Neo-Fascist Trilogy: III. Queen Mary »(1994)
  • Nascita di un Golem» (1995)
  • L’inventario (1995)
  • Zirat Ha’Rezach (1996)
  • Milim (1996)
  • War and Peace in Vesoul (1997)
  • Giorno per giorno (1998)
  • A House in Jerusalem (1998)
  • Tapuz (1998)
  • Zion, Auto-Emancipation (1998)
  • Kadosh (1999)
  • Kippur (2000)
  • Eden (2001)
  • 11 settembre 2001 (2002)
  • Verso oriente (2002)
  • Alila (2003)
  • Bem-Vindo a São Paulo (2004)
  • Terra promessa (2004)
  • Free Zone (2005)
  • Chacun son cinéma (2007)
  • Disimpegno (2007)
  • Plus tard (2008)
  • Carmel (2009)
  • La guerre des fils de la lumière contre les fils des ténèbres (2009)
  • Roses à crédit (2010)
  • Lullaby to My Father (2012)
  • Ana Arabia (2013)
  • Tsili (2014)
  • Rabin, the last day (2015)
  • West of the Jordan River (2016)

 

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